gli scenari
di Marco Imarisio
Remuzzi: i medici di base devono dipendere dal Servizio sanitario nazionale, sono il baluardo contro il virus e ben protetti potrebbero curare i pazienti a casa
Professor Remuzzi, è giusto riaprire?
«Assolutamente sì. Anche se, dati i rischi correlati, sembra strano che a dirlo sia un medico come me. Ma ogni anno, povertà e conflitti figurano tra le prime cause di malattie e di morte al mondo. E restando ancora chiusi in casa, esiste la possibilità di conflitti sociali più forti che mai».
Lo ha letto il dossier segreto del governo?
«Questo dossier prende in considerazione 92 scenari possibili. Ma tra 92 e zero, è uguale. Significa non avere idea di quello che succederà. Che è la pura verità, e andrebbe detta. Non lo sa nessuno».
Rischiamo davvero 151.000 ricoveri in terapia intensiva?
«Se prevedi che tutto, ma proprio tutto vada male, si avrà un numero importante. Ma non quello, al quale si arriva solo sovrastimando in modo abnorme la popolazione anziana in Italia. Lo scenario peggiore non è impossibile, ma anche a livello statistico è molto improbabile».
La fase due è una questione solo economica?
«Un tema come questo non riguarda solo le fabbriche e gli industriali. Perché riaprire è anche una questione di salute, fisica e mentale».
Ma è giusto riaprire così?
«Temo vi sia stata una eterogenesi dei fini, o almeno della comunicazione del governo. Le priorità non dovevano essere il calcio, gli orari dei parrucchieri e la definizione di congiunto».
Di cosa c’è bisogno allora?
«Occorre innanzitutto dire la verità. Gli italiani devono avere ben chiaro che riaprire significa avere quasi automaticamente un certo numero di nuovi malati. E non stiamo parlando di poche decine».
Avremo una ricaduta?
«A giugno potrebbe succedere. Ma non con lo scenario peggiore. Dovremo gestirla, con la capacità di adattare la risposta, soprattutto isolando subito le persone contagiate. Adesso sappiamo come si fa».
Come riaprire nel miglior modo possibile?
«C’è un punto che non riesco a trovare nel decreto governativo. Una proposta per l’organizzazione delle strutture sanitarie e il contenimento del contagio. Prima degli orari dei negozi e delle corsette, serve un piano medico».
Lei cosa farebbe?
«Modificando d’ufficio la legge, metterei almeno fino al 2022 i dottori di medicina generale, i medici di base insomma, sotto l’egida del Servizio sanitario nazionale».
Perché è così importante?
Che cosa fare
Le priorità non dovevano essere il calcio, gli orari dei parrucchieri e la definizione di congiunto, ma l’organizzazione per il contenimento dei contagi
«Loro sono il primo baluardo contro il virus. Hanno la convenzione con il Ssn, ma non ne dipendono. Invece, bisogna mobilitarli, creando un protocollo, dotandoli di sistemi di protezione individuale, per fare in modo che la maggior parte dei pazienti Covid-19 possa essere curata a casa».
In che modo?
«Servono unità mobili, con ossigeno e diagnostica, come quelle fatte a Parma e in altre realtà anche del sud. Sulla sanità decide la regione, ma il governo deve dare la linea».
E gli ospedali?
«Che facciano gli ospedali. Sono strutture chiuse. Non possono occuparsi del territorio. Laddove gli è stato assegnato questo compito, come in Lombardia con la riforma Maroni, bellissima nelle intenzioni, non ha funzionato».
I pazienti Covid-19?
«Devono stare in ospedali solo per loro. Non bisogna rifare l’errore di mescolarli con malati di patologie diverse».
Negli ospedali ci sono le condizioni per ripartire?
«Ovunque i reparti non sono più così sovraccarichi. Il dilemma sulla riapertura, e anche i mesi di isolamento, riguardavano la capacità di curare i malati, trovare spazio, tempo e cure per loro. Almeno qui, mi pare che ci siamo».
Insegnamenti della fase 1?
«Questa malattia va curata casa per casa, con gli ospedali come ultima istanza. Serve un piano per fare il tampone agli infetti, e degli spazi per isolarli. Di questo si dovrebbe parlare. Poi viene il resto».
Gli errori da non rifare?
«Non ci siamo occupati dei nostri anziani. La prima volta magari è comprensibile, tutto il mondo ha fatto gli stessi sbagli. La seconda, sarebbe imperdonabile. Occorre preparare le Rsa per un eventuale ritorno della pandemia. Al momento non ho visto nulla di questo nei decreti».
Altre lacune?
«Non c’è una parola chiara sui test di screening rapidi, che servono per sapere se hai avuto la malattia e sviluppato anticorpi. Il governo deve regolare questo tema. Senza lasciarlo all’iniziativa delle regioni o dei singoli imprenditori. Altrimenti è il caos».
Le scuole ancora chiuse?
«I bambini non si infettano. I loro genitori, più o meno giovani, difficilmente sviluppano malattie importanti. Invece noi lasciamo le nuove generazioni a casa dai nonni. Un altro modo di mescolare. A mio avviso, un grave errore».
Cosa manca davvero per riaprire bene?
«Mi sembra che da parte del governo il buon senso tutto sommato ci sia. Ma fatico a riconoscere una visione generale».