Santa Maria della Scala è ampiamente sottoutilizzato

L’unica cosa certa, al momento, è che questo enorme e prestigioso plesso urbanistico, situato nel cuore di Siena, così ricco di storia e di storie, è ampiamente sottoutilizzato.–

La grande e bella mostra su Ambrogio Lorenzetti, curata da Roberto Bartalini tre anni fa, è stata un episodio virtuoso e colto, che ci ricorderemo per molti anni.

Il maestro Riccardo Francovich, protagonista di una intensa stagione di ricerche storiche e archeologiche sul SMS, amava dire che “si ragiona sui progetti”, frase iconica e perentoria al tempo stesso. “Progetti” significa dare alle cose un indirizzo, andare molto al di là del lamentoso “servono finanziamenti” (per fare che cosa se non c’è un progetto?). Dietro un progetto, va da sé, devono esserci delle idee e dietro queste un’opportuna dose di fantasia, intesa come capacità di suscitare curiosità, motivazione, emozioni.

Chiusa questa parentesi sentimentale, provo a definire il perimetro della questione.

I contenuti. Credo che la prima cosa sia il porre un argine al fenomeno bulimico delle mostre prêt-à-porter, spesso del tutto fuori contesto. Non voglio qui, anche per mancanza di competenze, chiamare in causa la qualità dei prodotti o dei loro allestimenti. Credo, tuttavia, che un atteggiamento più politico e più critico sia necessario. Certo, in assenza di una politica culturale che non siano trenini e bancarelle diventa tutto più difficile.

SMS dovrebbe diventare il luogo dell’incontro, della condivisione e della riconciliazione. Siena ha vissuto per secoli il ruolo di capoluogo di un territorio sterminato, se visto in rapporto alle dimensioni della città, che andava da Radda in Chianti a Massa Marittima, a Orbetello, alla Val di Chiana. Sgombrato il campo da qualsivoglia, antistorico, desiderio di suprematismo, da polverose nostalgie e da volontà restauratrici (ci mancherebbe altro!), SMS potrebbe essere il luogo in cui si ricrea la storia delle interrelazioni positive tra Siena e il suo antico territorio, ora non più suo. Possiamo immaginare un percorso che porti dalla nascita, per molti versi ancora misteriosa, della città, allo strutturarsi di un vasto territorio nel tempo.

Oggi viviamo una frammentazione assoluta. Di fronte all’inerzia perdurante da decenni, dell’antico capoluogo, ogni parte del vecchio territorio è andata per conto proprio: Chianti, Crete, Val d’Orcia, Amiata. Più di altri la Valdelsa che, grazie ad amministrazioni brillanti e intraprendenti, vive oggi un rinascimento culturale che, visto da Siena, possiamo solo invidiare. È come se l’Allegoria del Buon Governo fosse stata fatta in tre o in quattro pezzi, divisi e non più coerenti tra loro.

Allora va pensato un grande museo moderno fatto di storia, storia dell’arte, storia dell’urbanistica, archeologia, antropologia della città e del territorio. Un lungo racconto che parta da Siena 0.0., tre colli con poche fattorie in epoca etrusca, e arrivi alla Siena dei nostri giorni, sempre in un contesto territoriale e paesaggistico ampio. In questo ambito va pensata anche la realizzazione di un ambizioso Museo di Storia della Salute. Altri, molto più di me, sanno quale ricchezza siano le collezioni anatomiche ora in possesso dell’Ateneo, collezioni ancora oggi ben esposte e di grande suggestione. Pensare una nuova struttura espositiva, creare condivisione, unire a tutto questo le risultanti di molti studi fatti sulla storia dell’accoglienza e degli ospedali vuol dire creare un potente effetto di efficacia comunicativa.

E quando, se non ora, se non subito, sviluppare un progetto del genere, ora che stiamo vivendo una delle più pericolose pandemie? Perché non partecipare a un grande bando europeo allo scopo di finanziare un ambizioso progetto di Museo di Storia della sanità Europea? Almeno sei Dipartimenti del nostro Ateneo potrebbero, oserei dire dovrebbero, promuovere la scrittura di un progetto nel quale coinvolgere diversi soggetti istituzionali, partendo da MIUR e MIBACT, Regione Toscana, i Comuni interessati e, naturalmente, la comunità.  Se “tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”, secondo la suggestiva affermazione di Gustav Mahler, allora è tempo di ravvivarla questa antica tradizione civica, facendone il piano su cui si scrive un plausibile progetto di futuro.

Prof. Franco Cambi.

Dipartimento di Scienze Storiche e dei beni culturali Università degli Studi di Siena.