Documento contro la Regione: tagli senza strategie, non si può aspettare la prossima legislatura
Paolo Ceccarelli
Sono le persone a cui ci affidiamo nel momento della sofferenza, la nostra o quella dei nostri cari. E loro, i medici ospedalieri, stavolta non hanno buone notizie per noi toscani: tra tagli, pensionamenti e la mancanza di specialisti, il sistema toscano, «che è stato un’eccellenza riconosciuta a livello nazionale», non regge più e ha bisogno di una svolta. E loro «non vogliono assistere inermi ad un declino scandito da riforme non adeguate, spesso improvvisate e lanciate sull’onda di scadenze politiche e, da troppo tempo, affidate a competenze che non sempre si sono rivelate all’altezza della mission».
La nota dei sindacati dei medici parte dalla constatazione che «la Regione ha scoperto da poche settimane di sforare per circa 50 milioni di euro il tetto della legge di Bilancio che impone di allineare la spesa per il personale dipendente del sistema sanitario a quella del 2004 meno l’1,3%. Immediata la messa in campo di una nuova stagione di tagli che segue la recente stagione degli esuberi e si somma alle sempre più numerose assenze (gravidanze, aspettative, ecc) non sostituite anche per la nota carenza di specialisti». I tagli, attaccano i sindacati, «non sembrano basarsi su una programmazione strutturata ma su un blocco lineare del turn over». Secondo i calcoli di Carlo Palermo di Anaao Assomed, «tra il 2016 e il 2025 in Toscana andranno in pensione 3.800 medici e, anche se è difficile prevedere le sostituzioni che dipendono dal blocco del turn over e dal numero di neo-specialisti formati, le carenze maggiori si prospettano in medicina, anestesia chirurgia, pediatria, chirurgia». Davanti a questo scenario, chiede Palermo alla Regione, «qual è il metodo per decidere i tagli? Quali sono i criteri su standard organizzativi, carichi di lavoro, normativa europea sui turni di lavoro? L’unica cosa certa è che non si può pensare di mantenere la stessa qualità dei servizi con meno medici negli ospedali».
Le preoccupazioni toccano in particolare le strutture più lontane dai grandi centri: «Se per tre medici che vanno in pensione ne viene assunto uno solo — spiega Palermo — sarà difficile mantenere l’organizzazione attuale e a soffrirne saranno soprattutto gli ospedali più periferici, ma anche servizi come i punti nascita di strutture di media grandezza».
Ma la nota firmata da 11 sigle sindacali tra le più rappresentative va oltre: «È oramai chiaro come la Regione stia esaurendo le riserve non solo economiche, ma anche culturali e di capacità di visione progettuale. Continuare a tagliare i servizi assistenziali in essere senza toccare le inefficienze della infrastruttura burocratico amministrativa non è più sostenibile». Poi l’attacco ad Estar, la centrale d’acquisto della sanità toscana, che «non è stato in grado di incidere, in un mare di percorsi burocratici spesso incomprensibili, nella gestione del sistema degli acquisti di farmaci e dispositivi medici oltre che nelle procedure di arruolamento del personale».
L’assessore regionale alla Salute Stefania Saccardi condivide «l’allarme sulla mancanza di medici e la battaglia per aumentare le specializzazioni», ma rassicura i sindacati: «Taglieremo il meno possibile e in ogni caso non si tratterà di tagli lineari». Il lavoro di contenimento dei costi, affidato alla nuova direttrice dell’assessorato Monica Calamai (ex direttrice di Careggi), si baserà su «una verifica puntuale dei carichi di lavoro, ospedale per ospedale, reparto per reparto e sulla via già tracciata del taglio della spesa farmaceutica». Saccardi non lo dice, ma la giunta regionale ha un’altra carta da giocare: la richiesta di maggiore autonomia, anche in campo di spesa sanitaria, al governo nazionale. Il modello è quello dell’Emilia Romagna, che a fine febbraio ha firmato un accordo con Roma che prevede, «fatto salvo il rispetto dell’equilibrio dei conti del sistema sanitario regionale», la possibilità di «rimuovere i vincoli di spesa specifici per migliorare ulteriormente il livello dei servizi e valorizzare le risorse umane». Nelle prossime settimane la giunta presenterà il pacchetto di misure e di richieste a Roma.
Ad oggi però i medici restano molto preoccupati. «Il sistema ha bisogno di una profonda ristrutturazione — dice Corrado Catalani della Cgil — Bisogna sviluppare progetti puntuali su criticità specifiche, ad esempio se in una zona c’è una mortalità più alta per disturbi cardiovascolari bisogna fare un intervento preciso e non affidarsi a una riforma globale. E poi serve una reale organizzazione dei servizi territoriali: se vogliamo decongestionare gli ospedali, bisogna lavorare sui percorsi assistenziali e creare finalmente le Case della salute». Non c’è più tempo. «Un rinnovamento profondo dei contenuti e dello stile di azione politica non può essere rinviato ad un ricambio istituzionale, che ha ancora davanti due anni». Insomma, non si può aspettare le elezioni regionali del 2020.