Saluti e baci dai nostri cari Futuristi

Mirabilia. Esce «Futurismo postale», terza tappa della pubblicazione della collezione Echaurren-Salaris, la più grande al mondo sul Movimento

Stefano Salis

«CARO FOLGORE E… SE… BALLA/ CONTASSE DELLE BALLE / SAREBBE ARCIBALLA / E SE FOSSE ANTIBALLA SAREBBE CUBISTA» (scritto sul verso, poi girare e, sul recto); «INVECE BALLABALBAL / LANDOBALLAMENTE È / SEMPRE FUTURRRISTA / SALUTISSSSSIMI / COMPLIMENTI PER IL / TRAVASO CHE SEMPRE PIÙ SI COLORSATIRISPIRITIZZA QUI SI….. / BALLA». Il timbro postale recita: «Roma/11. XI. 29 VIII». La cartolina è spedita da Giacomo Balla (con tutta evidenza) a Luciano Folgore, redattore della rivista «Il Travaso» e collega futurista. Il maiuscolo, anche nel riportare le parole del vivace calembour, è obbligatorio e deve essere rispettato: è un tratto tipografico-calligrafico pertinente e identitario, Balla ha scritto con l’inchiostro rosso (ma ha usato il nero per indirizzo e destinatario). E questa, con tutta evidenza, è molto più di una cartolina. È un’ opera d’arte in forma di cartolina. In esemplare unico, appunto: e Balla lo sa benissimo, tanto che ha ritagliato la cartolina come se fosse una tavolozza e, nella facciata principale, ha eseguito un disegno astratto ad acquerello, con i colori blu, verde e bordeaux. Troviamo qui, applicato, con divertimento e spirito di comunità (ma con estrema consapevolezza della propria e altrui arte; vedi la frecciata ai cubisti) uno di quegli aspetti della vita che i futuristi avevano ben chiari: un sentimento e un modus estetico ed extraestetico, che tracimava dalle arti alla vita vera (Balla chiamò le sue figlie Luce ed Elica, per dire la coerenza), per realizzare quella che, secondo la definizione di Balla medesimo e Fortunato Depero, doveva essere una «ricostruzione futurista dell’universo».

In tale ricostruzione, l’uso della posta, «insieme a un complesso rinnovamento delle modalità della comunicazione postale con proposte che coprivano l’intero settore, dalle cartoline alle intestazioni di carte da lettere e buste, dai francobolli, alla corrispondenza interpersonale» – e sono parole di Claudia Salaris, la maggiore esperta di Futurismo –, era decisivo. A questo universo della “immaginazione senza fili» (sintagma di Marinetti, probabilmente ispiratore del successivo “telegrafo senza fili”) è dedicato un decisivo volume di Claudia Salaris, Futurismo postale (Silvana, circa 900 illustrazioni, rilegatura in brossura olandese). Imperdibile, e non solo per gli appassionati.

Il punto da ribadire è che si arriva ad amare (e a collezionare, chi può) il Futurismo non certo per via ideologica, ma – ovviamente – per via estetica. E solo intellettuali di primo piano – e nel vero senso della parola – come Giampiero Mughini (che fu titolare di una sontuosa collezione di bibliofilia futurista) ne hanno capito, fino in fondo, la lezione e funzione rivoluzionaria, unica e praticamente inimitabile, di rottura, di trasgressione, di ingente capitale di intelligenza (ri)versato anche in una causa che, solo in parte, ha coinciso (ma non si è certamente esaurita in quello) con il Fascismo.

E se questo vale per Mughini (avercene, bibliofili così!), a maggior ragione vale per Claudia Salaris e Pablo Echaurren che detengono la più ampia raccolta mondiale relativa al Movimento, e sono gli studiosi più sensibili e credibili sul tema. Più, vorrei dire, “empatici”. Proprio perché hanno visto e “inseguito” tutto: quadri, giornali, locandine, libri, manifesti, gilet, arazzi, pubblicità, menù, riviste, oggetti e chissà quali altre futur-invenzioni e perché hanno messo a disposizione di tutti la loro conoscenza e sapienza. Due volumi eccellenti usciti qualche anno fa, presso Gli Ori di Pistoia – rispettivamente sulle Riviste e sui Futurismi nel mondo –, trovano continuità (e altri ne seguiranno) con questo festoso (per i nostri occhi) testo sulle cartoline e gli oggetti postali futuristi(ci): ben prima della mail art e degli altri movimenti (dai Dada in giù), i futuristi, eterni ragazzacci dell’arte, avevano esplorato a fondo anche questa categoria. Cartoline di propaganda, di satira o fotografiche, lettere con le loro buste, carte da lettera con intestazioni, francobolli ed erinnofili, insomma tutti gli aspetti censiti (con schede minuziose dei protagonisti) rendono il libro uno strumento fondamentale per l’approfondimento del poliedrico, scintillante, mondo futurista.

La rete delle poste (e persino gli stessi edifici fisici) diventò uno strumento fondamentale del Movimento: in tempi in cui il web non esisteva, occupare le caselle postali (e rendersi così visibili e pervasivi), oltre che i musei e le case, era indispensabile per inviare in ogni parte del mondo libri, riviste, proclami e diffondere le proprie idee. E creare uno stile postale nuovo, per concezione e confezione, fatto di sintesi, laconicità, simbologia. E se il testo stesso de « La fondation du Futurisme» è stato tracciato da Marinetti su fogli del Grand Hôtel di Parigi, una parte interessante del Movimento sono «quei contributi realizzati a mano che finiscono per essere delle piccole opere d’arte con esercitazioni di scrittura, soluzioni parolibere o grafiche, collage, modificazioni di cartoline illustrate», scrive Salaris. Nel mirabolante repertorio del materiale del libro (tutto della collezione Echaurren-Salaris) ci si confronta con centinaia di esempi, nomi, esperimenti. A volte geniali, a volte più ordinari, o, ormai, di maniera. Di sicuro, parafrasando il loro motto, i futuristi hanno marciato, ma non sono marciti. Di quante altre avanguardie lo si può dire? La loro “rivoluzione” è stata una cartolina, tutta italiana, spedita al nostro futuro: e direi che è arrivata, anche se qualche critico, “portalettere distratto”, ha fatto finta, e per troppo tempo, che non fosse mai partita . Problemi di affrancatura.

 

Futurismo postale

Claudia Salaris

Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo,

pagg. 472, 900 ill., € 110

Arte postale. A sinistra, nel testo, una lettera di Marinetti a Luciano Folgore da Capri, nel 1927, su carta intestata del movimento con il disegno Il pugno di Boccioni di Giacomo Balla, e il motto «MARCIARE / NON MARCIRE»; sotto l’immagine grande a destra: Giacomo Balla, Lettera a F.T. Marinetti, (fine 1914), bifolio, testo autografo e disegni, acquerello, matita, su recto e verso, tre facciate. Nel recto, a sinistra, si legge in alto: «cappello a colori secondo stato d’animo»; in basso: «scarpa a colori variabili»; sotto a sinistra, Marinetti, Le soir, couchée dans son lit, elle relisait la lettre de son artilleur au front [1917], in Les mots en liberté futuristes, Milano, Edizioni futuriste di Poesia, 1919; a destra Ivo Pannaggi, 1920, Mak pi greco 100 (“mancano più di cento giorni, modo di dire accademico e militaresco”)

All’Expo di Parigi.  Nell’immagine grande, cartolina edita in occasione dell’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi nel 1925 (qui nacque l’Art Déco). Al Grand Palais, Prampolini allestì una sala futurista