Rossi o gialli?

il Natale non decide il colore

 

Sembra di assistere a una gara sportiva. Uscire dalla zona rossa, nel senso comune che si va diffondendo, rischia di esser considerato più come un premio da conseguire a ogni costo che un risultato effettivo da acquisire con faticosi sacrifici. Ed ecco scatenarsi ovunque la spasmodica voglia di conquistare la maglia gialla, di transitare in un’area a più contenuti pericoli di contagio. L’Italia è stata ripartita in tre fasce, che evocano paesaggi danteschi. L’arancione del Purgatorio rinfranca e fa intravedere un approdo quieto e luminoso. Il rosso sa di fiamme infernali. A parte il sapore metaforico che i colori rimandano, non sarebbe male che soprattutto da chi ha responsabilità di governo si parlasse una lingua schietta e oggettiva e la politica contribuisse a dare un significato scientificamente fondato alle indicazioni da osservare, non usando le diatribe che si sono scatenate a fini di propaganda. Probabilmente era preferibile che fosse istituito un severo e uniforme lockdown generale al cui interno delimitare le zone meno compromesse dalla pandemia in corso. I confini delle Regioni rispondono solo amministrativamente a fattori dotati di omogeneità. Ma così è stato per la frantumata organizzazione sanitaria in essere. Non resta che seguire con disciplina quanto proviene dall’andamento degli indicatori stabiliti e monitorati. Una questione tra le tante sta ora emergendo con assoluta preminenza.

Il tempo del Natale è diventato una data discriminante: l’obiettivo proclamato a gran voce, anche in Toscana, è fare in modo che prima del 25 dicembre si alleggeriscano le misure. Che categorie e soggetti imprenditoriali si battano per avere i necessari sostegni pubblici indispensabili per superare una crisi di impreviste proporzioni è più che comprensibile. E si dovrà fare tutto quanto è utile e consentito. Ma avendo riguardo a indicatori da tenere esenti da qualsiasi politicizzazione. Prioritario sarebbe vivere il Natale e dintorni con spirito d’innovazione. Non mancano profeti che predicano una sorta di palingenesi del dopo-Covid. Il Natale evoca la gioia di una nascita che ha cambiato la storia. Perché non farne un tempo nel quale pensare e sperimentare il nuovo desiderabile? All’insegna di una sobrietà da ritrovare, di silenzi da recuperare, di fratellanza familiare e non solo da rafforzare. Affaccendarsi allo spasimo promettendo di poter inscenare le usanze di sempre, come se attorno a noi e nel mondo nulla stesse accadendo, è oltraggiare il dolore di chi soffre e smentire i buoni propositi dichiarati a gran voce. Le riconversioni di un’economia disastrata, la protezione di un ambiente ferito e la costruzione nella società di rapporti più solidali sono le sfide vere, tanto più ardue della demagogia parolaia.

Roberto Barzanti

 

 

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