Questo può essere l’inizio di una svolta epocale

 

Meehan Crist, The New York Times, Stati Uniti

mi decenni. Gli sforzi per far ripartire l’economia – le misure di stimolo, i salvataggi e i programmi per creare posti di lavoro – determineranno la forma delle econo- mie e delle nostre vite nel futuro prossi- mo, e sulle emissioni di carbonio avranno effetti che si ripercuoteranno sul pianeta per migliaia di anni.

Le abitudini di consumo e di viaggio stanno cambiando, e qualcuno si chiede se questo può essere l’inizio di una svolta significativa. Forse la nostra percezione di cosa ci serve davvero cambierà. Forse an- che dopo la crisi saremo più inclini a lavo- rare da casa. Abitudini come fare spesso lunghi viaggi sembrano già eticamente discutibili alla luce della crisi climatica, e in un’epoca segnata dalla pandemia potrebbero essere percepite come irresponsabili.

Profondi cambiamenti nei comportamenti individuali, soprattutto nei paesi ricchi con alti tassi di consumo pro capite, potrebbero portare a una riduzione delle emissioni. Ma le abitudini personali sono importanti soprattutto per via del conta- gio comportamentale, un concetto delle scienze sociali che si riferisce al modo in

Gli effetti sulle emissioni saranno passeggeri, ma i cambiamenti nelle abitudini e nella percezione di cosa è davvero importante possono essere un passo decisivo verso una società sostenibile

Sta succedendo qualcosa di strano. Non solo l’ondata di malattia e morte che sta investendo il piane- ta. C’è qualcos’altro. In Cina e in Italia l’aria è straordinariamente pulita. A Venezia l’acqua del Canal Grande è torna- ta limpida. Le emissioni globali di anidride carbonica stanno calando.

Il nuovo coronavirus ha provocato una stupefacente chiusura delle attività produttive e una drastica riduzione nell’uso dei combustibili fossili. Nel breve termine la reazione alla pandemia sembra avere un effetto positivo sulle emissioni. Ma a lungo termine il virus aiuterà o danneggerà il clima?

Siamo chiari: la pandemia di covid-19 è una tragedia. Ma questa crisi globale è anche un punto di svolta per l’altra crisi globale, più lenta ma con una posta in gio- co ancora più elevata, che rimane lo sfondo su cui si svolge la nostra epoca. Come ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, la minaccia del virus è temporanea, mentre quella delle ondate di calore, delle inondazioni e delle violente tempeste incomberà su di noi per anni.

La nostra risposta a questa crisi sanitaria plasmerà la crisi climatica per i prossimi decenni. Gli sforzi per far ripartire l’economia – le misure di stimolo, i salvataggi e i programmi per creare posti di lavoro – determineranno la forma delle econo- mie e delle nostre vite nel futuro prossimo, e sulle emissioni di carbonio avranno effetti che si ripercuoteranno sul pianeta per migliaia di anni.

Le abitudini di consumo e di viaggio stanno cambiando, e qualcuno si chiede se questo può essere l’inizio di una svolta significativa. Forse la nostra percezione di cosa ci serve davvero cambierà. Forse an- che dopo la crisi saremo più inclini a lavo- rare da casa. Abitudini come fare spesso lunghi viaggi sembrano già eticamente discutibili alla luce della crisi climatica, e in un’epoca segnata dalla pandemia potrebbero essere percepite come irresponsabili.

Profondi cambiamenti nei comportamenti individuali, soprattutto nei paesi ricchi con alti tassi di consumo pro capite, potrebbero portare a una riduzione delle emissioni. Ma le abitudini personali sono importanti soprattutto per via del conta- gio comportamentale, un concetto delle scienze sociali che si riferisce al modo incui le idee e i comportamenti si diffondono nella popolazione.

Per avere un effetto significativo sulle emissioni globali, i cambiamenti nei con- sumi devono andare oltre gli individui ed estendersi alle grandi strutture che determinano le nostre vite. In Cina non sono stati il telelavoro e il blocco dei voli a far calare le emissioni del 25 per cento. È stata l’interruzione improvvisa della produzione industriale. Questo non significa che i consumi personali non siano impor- tanti: una riduzione dei voli può avere effetti concreti. Ma i trasporti aerei sono responsabili di circa il 2,5 per cento delle emissioni globali, una cifra che sembra minuscola in confronto a quella dell’industria pesante

Se non altro, gli effetti positivi che stiamo vedendo a breve termine ci ricordano che cambiare le abitudini personali non servirà a molto se non riusciamo anche a decarbonizzare l’economia globale.

Nonostante l’aria pulita e i canali limpidi, ci sono buoni motivi per temere che il covid-19 avrà conseguenze disastrose per il clima. È vero, potremmo assistere a una prolungata diminuzione delle emissioni di gas serra dovuta allo stallo dell’e- conomia. Ma le emissioni sono calate anche durante la crisi finanziaria del 2008 e gli shock petroliferi degli anni settanta, per poi risalire una volta superata l’emergenza. Anche se la crisi attuale è diversa dalle altre, è probabile che dopo la fase acuta la produzione industriale e le emissioni aumenteranno di nuovo.

Inoltre una recessione globale potrebbe rallentare o fermare la transizione ver- so le energie pulite. Se i mercati dei capitali si fermeranno, per le aziende sarà molto difficile ottenere finanziamenti da destinare agli impianti eolici e fotovoltaici già approvati, e questo potrebbe fermare lo sviluppo di nuovi progetti. In tutto il mondo le iniziative legate alle rinnovabili sono già in difficoltà a causa delle interruzioni nelle filiere globali. Gran parte delle turbine eoliche, delle batterie agli ioni di litio e dei pannelli solari è prodotta in Cina. BloombergNef, una società di analisi sulle energie pulite, ha già ridimensionato le previsioni per il 2020 sul mercato del fot voltaico, delle batterie e dei veicoli elettrici, evidenziando un rallentamento della transizione energetica proprio quando avremmo bisogno di accelerarla.

Se il prezzo del petrolio resterà basso a

causa del calo della domanda, potrebbe essere una brutta notizia anche per il clima. Di solito una riduzione del prezzo dell’energia spinge i consumatori a usarla in modo meno efficiente. Il calo dei prezzi potrebbe penalizzare le vendite di veicoli elettrici e disincentivare la ristrutturazione degli edifici per migliorare l’efficienza energetica.

Il virus è un problema per il clima anche ai livelli più generali. L’isolamento e il distanziamento sociale hanno rallentato le ricerche sul clima in tutto il mondo. Alla Nasa ormai si lavora solo in remoto. I voli scientifici sull’Artico sono stati interrottie

Il crollo del prezzo del petrolio è l’occasione per eliminare i sussidi ai combustibili fossili

le ricerche sul campo sono state cancellate. Nessuno sa quanti dati sul clima andranno persi né quando le ricerche potranno riprendere.

La pandemia potrebbe indebolire ulteriormente la già titubante cooperazione internazionale. Il dibattito sul clima potrebbe deragliare proprio quando i governi, in base agli accordi di Parigi, avrebbero dovuto annunciare nuovi impegni per ri- durre le emissioni. Nei prossimi mesi è presumibile che l’attenzione dell’opinione pubblica sarà distolta dal clima a causa dei timori per la salute e l’economia. L’attivismo ambientalista, che si basava sulle grandi manifestazioni di piazza, è costretto a ripiegare sulle iniziative a porte chiuse e online.

Due scenari

C’è uno scenario in cui le misure adottate per stimolare l’economia potrebbero pesare più degli effetti a breve termine sulle emissioni, provocandone un aumento sul lungo periodo. È quello che è successo in Cina dopo la crisi del 2008. Ma c’è anche un altro scenario, in cui i governi decidono di dare la priorità alla costruzione di una società a emissioni zero. La situazione attuale potrebbe sottrarre risorse e impegno politico alla causa climatica, ma potrebbe anche creare un senso di urgenza in un momento in cui i politici sono improvvisamente disposti a spendere grandi quantità

di denaro. In questo scenario i governi creerebbero nuovi posti di lavoro in ambiti cruciali come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, gli alloggi e l’energia pulita, con particolare attenzione ai progetti che potrebbero immediatamente creare posti di lavoro. Questo consentirebbe di affrontare la crisi climatica e allo stesso tempo soddisfare i bisogni immediati delle persone che saranno licenziate o saranno costrette a lavorare meno.

Invece di bloccare la transizione ener- getica, una soluzione simile potrebbe accelerarla e allo stesso tempo stimolare l’economia. Oggi più del 70 per cento degli investimenti nelle rinnovabili proviene dai governi. Le misure per la ripresa po- trebbero riorientare i finanziamenti per favorire lo sviluppo, l’adozione e l’integrazione delle tecnologie basate sull’energia pulita. Come ha sottolineato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia, il crollo del prezzo del petrolio è l’occasione per ridurre o eliminare i sussidi ai combustibili fossili, che riempiono le tasche dei ricchi e delle grandi aziende con fondi che potrebbero essere destinati all’istruzione, all’assistenza sanitaria o all’energia pulita.

Ci sono anche misure più radicali che potrebbero migliorare la salute del pianeta, della società e dei cittadini. Introdurre una settimana lavorativa di 32 ore ridurrebbe le emissioni e migliorerebbe la qualità della vita. Nel futuro immediato è improbabile che questo avvenga, ma il caos creato dalla pandemia offre un’opportunità unica di cambiare la nostra percezione di cosa è possibile. Forse la rottura causata dall’isolamento può aiutarci a capire cosa è davvero “essenziale” per la società: assistenza, istruzione e distribuzione alimentare. E forse possiamo farci un’idea, per quanto distor- ta, di come potrebbe essere la vita se tutti lavorassimo un po’ meno.

In uno scenario ideale si ripenserebbe il contratto sociale per proteggere i membri più deboli della società di fronte a un aumento dei rischi. Dobbiamo chiederci: quali sono i doveri di un governo nei confronti dei suoi cittadini? La crisi climatica ha già dimostrato che l’organizzazione attuale delle nostre società e delle nostre economie è insostenibile per un pianeta dalle risorse limitate. In un momento in cui la popolazione mondiale affronta un rischio climatico sempre più minaccioso e asimmetrico, è ragionevole chiedersi che tipo di sostegno possiamo aspettarci dal nostro governo. Come risponde lo stato quando la nostra comunità è in crisi? La pandemia è un bagno di realtà.

Come la crisi climatica, la pandemia colpirà soprattutto le persone più vulnerabili (i poveri, gli anziani, i senza dimora, gli apolidi, i detenuti e i lavoratori precari), mentre probabilmente risparmierà le multinazionali spinte dalla logica del profitto e della crescita inarrestabile a cercare nuovi mercati, manodopera a basso costo e quella che il sociologo Jason Moore ha definito “natura a buon mercato”, contribuendo in questo modo a creare le condizioni della crisi.

Il nuovo coronavirus si è diffuso grazie ai mercati globali, e non è ancora chiaro se potremo reagire a questa crisi senza affidarci alla stessa logica che ci ha portati in questa situazione catastrofica. Per affrontare le grandi sfide poste dalle pandemie (questa non sarà l’ultima) e la minaccia del cambiamento climatico, per sopravvivere e perfino prosperare su questo pianeta interconnesso, dobbiamo piuttosto imparare a subordinare i bisogni del mercato ai nostri bisogni.

La lezione sbagliata

Si può essere tentati di dire che gli esseri umani sono una malattia per il pianeta, e che quando arretriamo la natura si riprende. Quando le immagini di pesci e cigni nei canali di Venezia sono comparse sui social network è stato facile credere che il virus avesse permesso alla “natura” di rinascere in nostra assenza. Ma questa non è la lezione che dobbiamo trarre dalla pandemia.

Gli esseri umani fanno parte tura, e l’attività umana che danneggia l’ambiente danneggia anche noi.  Secondo Marshall Burke, del dipartimento di scienze della Terra dell’università di Stanford, in Cina sono bastati due mesi di riduzione dell’inquinamento per salvare le vite di quattromila bambini sotto i cinque anni e 73mila adulti sopra i settant’anni. Forse la vera domanda che dobbiamo porcinonèseilvirussiaunbeneounmale per il clima, o se in futuro i ricchi prenderanno l’aereo meno spesso, ma se possiamo creare un’economia funzionante che sostenga le persone senza minacciare la vita sulla Terra, inclusa la nostra. ◆ as

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