Quando Gadda si riconobbe in una frase.

 

APPUNTI SUI POLSINI 
«IN QUELLA SCENA di cruda, assoluta, improvvisa violenza si affollano le nostre debolezze di fronte al mistero del male. Tra le pieghe dell’opera si cela l’enigma del non agire». È un frammento dalle pagine, bellissime, poste in chiusura a La frontiera , dove si legge il Martirio di San Matteo come allegoria della violenza del mondo: su un fondo oscuro che una luce a olio, quasi una fornace, illumina di rivelazioni, sporge il volto triste di Caravaggio che non può impedire il compiersi dell’assassinio, e che pure guarda dentro la sostanza traumatica della storia. – Quest’uomo buono, dalla mente chiara, che era Leogrande, aveva il dono della tristezza, uno sguardo fraterno che voleva resistere all’urto e alla furia della morte intorno a noi. Era difficile non vedere attraverso di lui tutto il nonsenso, al quale opponeva la forza del pensiero, o la costruzione ragionata del suo riso. Alessandro Leogrande, La frontiera , Feltrinelli, pp. 320, €10 NON LO SPAZIO dell’uguaglianza e dello specchio, ma quello dell’incrinatura, l’aprirsi di una grande e continua dissimilitudine, in ultimo «traduzione» quale attività e forma del ricordo, ovvero della perdita. Quando essa si struttura, per lo più involontariamente, come «stile» – nella maniera di una voce, sia pure una maschera – allora può trovare un passaggio nel mondo. Oggi, più di sempre, la traduzione è l’esperanto della merce, un veicolo per puri oggetti. Fra cinquant’anni non vi sarà più nessuno che possa tradurre, non già Melville, ma anche i segni più deboli della letteratura, che sarà divenuta una lingua incomprensibile e senza più parlanti. Per adesso si possono ancora ascoltare, con la perdita delle figure di suono, e perciò della vita, reminiscenze da Mandel’stam: «Togliendomi i mari, la corsa e il volo / e dando al piede l’appoggio di una terra coatta, / cosa avete ottenuto? Calcolo brillante: / non potevate strapparmi le labbra che si muovono». Osip Mandel’stam, Quaderni di Voronež , cur. M. Calusio, Giometti & Antonello, pp. 112, €16 GLI Appunti per una storia di guerra inquadrano su tavole acquerellate le vicende di tre giovani fuorusciti dalla famiglia e dalla società, impegnati ai margini di un guerra, come spesso capita in Gipi, della quale non conosciamo né l’entità né le ragioni. Nessuna certezza dei fatti, anzi una loro impossibilità e quasi irrilevanza a divenire trasparenti. Del conflitto non si sa nulla, se non che esso è come la domenica della vita, il tempo in cui l’assassinio è finalmente libero di essere. Eppure, tra silenzio dell’arte e mondo delle parole, nel graphic novel le parole escono talvolta singolarmente attutite o troppo acute, ancillari e petulanti, un pettegolezzo del segno. Gipi, Appunti per una storia di guerra , Coconino, pp. 144, €19 CAMMINIAMO fra le gondole e i panciali di una libreria italiana. Qui gli oggetti narrativi Feltrinelli sono i più distanti dall’antiquata idea del libro a stampa. Ne sono una negazione, una palinodia. Le loro «prime battute», le così chiamate novità , appaiono verniciate fino all’impenetrabile, sono pulsanti virtuali, icone che stanno a significare: questo non è un libro. Si potrebbe anche dubitare che all’interno vi sia qualcosa, tanto il momento pubblicitario ha deviato verso la superficie il senso, similmente alla fascetta di Walter Siti per la ristampa di un romanzo. La merce ha fatto sue le punte estreme dell’arte, così come è ormai vero anche il contrario. Il pensiero critico si trova al servizio del rosa-fenicottero. Chiara Gamberale, La zona cieca , postf. W. Siti, Feltrinelli, pp. 238, €18 IN UNA INTERVISTA 1972 – l’ultima? – lo speaker rivolge a Gadda domande a cui lui reagisce con torpore, reticenza, con un’ironia fatta di brevi parole. Viene poi messo dinanzi a un proprio pensiero, ossia che in Amleto ci sarebbe: «un ripristino dell’ordine». La replica di Gadda è: «Sì, questo può darsi che l’abbia detto, è una frase che mi assomiglia». È impressionante come lo scrittore del disordine e del tumulto del mondo, lo stesso che ha abbandonato nell’incompiuto i suoi romanzi, ritenga di somigliare a una frase, così come ci si riconosce in una fotografia, una frase che – mentre «si polverizza la memoria» – rimanda al sogno dell’ordine e dell’equilibrio. C.E. Gadda, «Per favore, mi lasci nell’ombra».
Il Manifesto.
https://ilmanifesto.it/sezioni/alias/