Procura di Milano ancora senza pace Greco indagato per l’affaire Mps

L’ex procuratore accusato dai pm di Brescia di abuso d’ufficio. Il suo legale: “Ha servito lo Stato, sarà archiviato” L’ennesimo colpo nel Palazzo diviso da mesi e che aspetta la nomina del nuovo capo da parte del Csm
di Sandro De Riccardis e Luca De Vito
MILANO — In un ufficio già dilaniato dalle divisioni tra magistrati, un altro duro colpo per la procura di Milano è arrivato dai colleghi di Brescia che hanno iscritto l’ex procuratore capo Francesco Greco nel registro degli indagati per abuso d’ufficio nell’inchiesta Mps. Senza pace da mesi per le spaccature interne provocate dalla gestione dei fascicoli Eni Nigeria e “loggia Ungheria”, che hanno messo uno contro l’altro pezzi dell’ufficio inquirente, al quarto piano del Palazzo di giustizia di Milano si aspetta la nomina del nuovo capo da parte del Consiglio superiore della magistratura: tutti sperano che il plenum del Csm faccia presto a scegliere tra la soluzione interna (il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, ora responsabile dei reati contro la pubblica amministrazione) o quella del “papa straniero” (il procuratore di Bologna Giuseppe D’Amato o il procuratore generale di Firenze Marcello Viola) per voltare pagina e dimenticare questa stagione di scontri intestini.
Per ora la procura resta impantanata nelle scelte del passato. Con l’iscrizione dei giorni scorsi, Greco diventa il quarto indagato a Brescia per la gestione del fascicolo sui derivati Alexandria e Santorini, emessi dal Monte dei Paschi di Siena, e di quello parallelo sulla errata contabilizzazione dei crediti deteriorati. Una storia infinita partita sei anni fa, con richieste di archiviazione e di proscioglimento da parte dei pm di Milano sempre respinte dai giudici, con l’intervento della procura generale — che ha poi fatto partire la segnalazione a Brescia — e arrivata poi alle condanne per l’ex presidente Alessandro Profumo e l’ex ad Fabrizio Viola a sei anni (e a un risarcimento di due milioni e mezzo ciascuno) nell’inchiesta sui derivati Mps, oltre a una nuova indagine della procura sui crediti deteriorati.
Il procuratore di Brescia Francesco Prete e la pm Erica Battaglia contestano ai magistrati milanesi di non aver indagato a fondo sui vertici della banca, optando sempre per richieste di archiviazione. Dopo le prime tre, tra il 2016 e il 2018, e la successiva imputazione coatta disposta dal gip, la procura aveva chiesto il proscioglimento anche all’esito del dibattimento davanti al tribunale, che invece condannò gli imputati. Nel decreto di proroga delle indagini in cui Greco compare indagato, si fa riferimento proprio alle date in cui — nell’agosto 2016 — la procura aveva presentato la richiesta di archiviazione con i pm Baggio-Civardi-Clerici, e l’altra — nel giugno 2020 — quando si era svolta in aula la requisitoria con la richiesta di archiviazione. Per questo il legale di Greco, l’avvocato Massimo Dinoia, si dice sicuro che «il procedimento si concluderà con l’ennesima archiviazione, sia perché i fatti non sussistono sia perché la tesi della responsabilità del Procuratore (per fatto o pensiero altrui) è singolare e giuridicamente infondata. Greco ha servito lo Stato».
Insieme a quello di Greco, l’altro nome nuovo entrato nell’inchiesta bresciana — nata dalla denuncia di Giuseppe Bivona, consulente di fondi e azionisti che hanno fatto causa a Mps, ma anche da segnalazioni del sostituto procuratore generale Gemma Gualdi — è quello di Roberto Tasca. L’ex assessore al Bilancio della giunta del sindaco di Milano Giuseppe Sala era stato chiamato, nel 2018, a redigere una consulenza sui bilanci Mps dalla procura generale, che per legge dev’essere informata delle richieste di archiviazioni delle persone giuridiche e che aveva avanzato alla procura solleciti di chiarimento rimasti inevasi.
Di fronte alla richiesta di archiviazione, Gualdi aveva infatti dato l’incarico a Tasca di stilare una perizia, ritenuta poi fuorviante da quella del professionista Gian Gaetano Bellavia, sentito a sua volta come testimone a Brescia. «Non appare ragionevole dubitare che le informazioni omesse nella consulenza — si legge nell’esposto presentato da Bivona il 12 giugno del 2021 — siano state idonee a indurre in errore il procuratore generale».
Di fronte alla richiesta di archiviazione, il gip Livio Cristofano dispose l’imputazione coatta per falso in bilancio e aggiotaggio, a cui seguirono le condanne a sei anni per Viola e Profumo e il risarcimento milionario. Gli stessi pm indagati avevano chiesto l’archiviazione anche nel filone sulla contabilizzazione dei crediti Mps nei bilanci 2016 e 2017, gli anni della ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato per 5,4 miliardi. Questa volta è stato il gip Guido Salvini a respingere l’archiviazione e a rimandare gli atti in procura, dove ora a occuparsi del fascicolo sono i pm Roberto Fontana e Giovanna Cavalleri, che hanno iscritto — oltre a Viola e Profumo — altri sette manager allora in servizio in Mps.
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