Poteva andare peggio!

I disastri dell’omologazione, e i limiti della misura

 

di Pierluigi Piccini

 

Dobbiamo ringraziare la Giunta comunale, perché si è trattenuta dall’utilizzare tutte le potenzialità della filodiffusione lungo le vie. La ditta che propone il servizio promette la mirabolante realizzazione di: «Una sorta di shopping all’aperto per la tutela delle piccole attività commerciali che in questo periodo non vivono un momento felice e che potrebbero trovare, in questo strumento, un valido aiuto alla divulgazione di informazioni di natura commerciale. Data la scalabilità del progetto il sistema può essere esteso ovunque purché si disponga di un semplice collegamento alla rete Internet, se in periferia abbiamo la necessità di ripetere lo stesso segnale che ascoltiamo in centro». Dunque, ci siamo limitati alla musica più o meno tradizionale, ma potevamo ascoltare annunci del tipo «Venite donne, grande svendita di borse!», oppure «È arrivato l’arrotino!». Si poteva altresì rischiare l’ascolto degli inni delle Contrade a Isola d’Arbia, viste le potenzialità tecnologiche dello strumento. Più modestamente ci si è limitati a quella «sorta di shopping all’aperto» condita dal richiamo locale nelle note musicali. Il modello è comunque quello dello spazio anonimo (non luogo) votato al commercio e a un turismo di scarso valore qualitativo (Covid permettendo): tra giostrine, mercatini, burlesque, street-food, ruota girevole e trenino si è fatto di tutto per trasformare una città unica al mondo in una cittadina surreale (nota considerazione, quanto mai azzeccata), con  l’astrazione da sé stessa enfatizzata da una surreale (per l’appunto) mostra su riproduzioni in tre dimensioni di Dalì. Secoli di storia, patrimoni culturali enormi, infinite possibilità di produzione musicale, artistica, letteraria e teatrale sono stati seppelliti dalla città finta, di cartapesta, con le stesse attrazioni che trovi a Follonica o all’Outlet Valdichiana. Non sembra fermarsi  lo scadimento di un mondo reso irriconoscibile e anonimo persino dalle decorazioni natalizie, tutte uguali nella loro sgraziata imponenza. La sindaca di Orvieto si è esaltata con entusiastici commenti, sui social, per una stella cometa gigantesca e luminosa che ha messo di fronte alla cattedrale di Santa Maria Assunta, realizzata secoli fa con il contributo di valenti artisti e architetti senesi. La stessa identica stella, già da due anni, si trova nel periodo natalizio di fronte alla cattedrale di Santa Maria Assunta a Siena. Ora, quello che poteva essere un interessante percorso, ricco di numerose contaminazioni legati personaggi, eventi e scambi culturali avvenuti nei secoli tra le due città, è stato schiacciato sotto il peso di un manufatto di alluminio e luci a led. L’elemento che accomuna queste due città non è il legame storico e culturale, ma aver acquistato il pacchetto-addobbi e luminarie dallo stesso fornitore! Sono scelte che isolano, appiattiscono, rendono tutte uguali e inutili i centri storici: tutte le piazze presentano la stessa foto, utilizzano la stessa amplificazione musicale, intrattengono cittadini e ospiti negli stessi modi. A Siena il momento è oltremodo contraddittorio si vorrebbe conservare le tradizioni e poi si adoperano i braccialetti per addobbare le vie del centro cittadino. Uso che inserito in questo contesto perde la funzione simbolica per diventare semplice strumento di scambio. Una possibile via peculiare è stata annullata dalla scelta dello standard, vincente a Foligno come a Foiano della Chiana o Orvieto, e francamente non se ne capisce il motivo. Certo, affidare a un soggetto privato la realizzazione di cose fra le più banali, quelle che ti vengono portate sul tavolo già pronte e impacchettate, è semplice, progettare richiede impegno e conoscenza.