Pitti Uomo, meno visitatori “Ma le vendite sono salite”

Un calo del 10% dei compratori, complice anche la data a ridosso della Befana e stabilita da accordi con gli altri saloni della moda. L’ad Napoleone: “ I piccoli chiudono, gli acquisti concentrati nelle mani dei grandi buyer”
di Valeria Strambi A guardare solo i numeri delle presenze potrebbe sembrare un’edizione sottotono. Pitti Uomo numero 97, che si è chiuso ieri alla Fortezza da Basso di Firenze, ha registrato un calo dei visitatori del 10% rispetto allo scorso gennaio. Un calo dovuto soprattutto alla data di inizio della manifestazione, ricaduta proprio il giorno dopo l’Epifania e troppo a ridosso dell’inizio dei saldi. Ma agli organizzatori è bastato dare un’occhiata al volume delle vendite, per ribaltare la prospettiva e parlare di successo. « Siamo molto contenti di come siano andati gli affari — commenta Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine — C’è stata, effettivamente, una diminuzione delle presenze, ma è un calo fisiologico e atteso, dove pesa soprattutto il risultato degli italiani. Si parla di circa 21.400 veri compratori, di cui più di 8.300 esteri. Dimensioni che solo Pitti Uomo può vantare a livello mondiale».
Anche l’ad Raffaello Napoleone ammette che si è trattato di una partenza difficile: « Il calendario internazionale ci ha imposto di iniziare immediatamente a ridosso delle vacanze natalizie, oltretutto in coincidenza con l’avvio dei saldi, che per la stragrande maggioranza dei venditori al dettaglio sono vitali. Il prossimo anno slitteremo alla settimana successiva e sarà un bene per l’intero sistema. Ma quello dei numeri nudi e crudi è un fatto con il quale tutti i saloni di qualità devono confrontarsi con realismo e senza paura. Anzitutto Pitti Uomo è una rassegna della moda maschile di fascia alta e in questo spazio, in tutto il mondo, la distribuzione si sta concentrando a ritmi accelerati, per non parlare delle quote crescenti di vendita sulle piattaforme online di qualità. Questo significa che ci sono meno negozi, meno compratori, ma la capacità di spesa del singolo soggetto commerciale è molto aumentata ».
Stando a quanto riferiscono gli stessi espositori, nessuno dei grandi buyer internazionali è mancato all’appello e i dati economici sull’export parlano di un aumento previsto del 7,8% per il 2019. Ma quali sono i mercati più importanti di Pitti Uomo? Al primo posto della classifica c’è la Germania, poi arrivano Giappone, Olanda, Regno Unito, Spagna, Turchia, Francia, Svizzera, Belgio, Stati Uniti e Russia. Seguono Corea, Cina, Austria, Grecia, Portogallo, Svezia, Danimarca e Canada. «Lo scenario delle strategie d’acquisto sta cambiando molto — aggiunge Napoleone — Ad esempio, abbiamo notato un interessante fenomeno che stiamo monitorando e che si inserisce all’interno di quella che è un’economia circolare positiva in grado di drenare un bel po’ di risorse. Sta prendendo sempre più vigore il cosiddetto “ second hand” ( l’acquisto di seconda mano) che muove 25 miliardi di fatturato. Le persone ormai hanno gli armadi pieni e quindi, per crearsi nuovi spazi, vendono le loro vecchie collezioni e utilizzano il ricavato per acquistare quelle nuove. Oggi gli e-store dell’usato di lusso sono piattaforme come “ Vestiarie Collective” e “ The Real Real”, ma lo scenario è destinato ad estendersi».
Come si è esteso, nelle collezioni esposte in Fortezza da oltre 1.220 brand, l’uso di tessuti riciclati e rigenerati, a cominciare da lane e piume ma perfino il cachemire che hanno contribuito a una nuova e interessante qualità dei prodotti esposti. Come anche ha fatto la rinata passione per il gusto formale del vestiario maschile trasformato da una modernità tecnologica, comoda e leggera, che ha portato anche simboli dell’abito classico di gran lusso come Pignatelli, a imboccare una nuova via senza tradire le origini, l’abito di Paoloni blu di lana a poter essere lavato comodamente in lavatrice tornando alla sua perfetta silhouette sartoriale, il lusso informale della collezione di Automobili Lamborghini, l’eleganza dei cappelli ) di Doria che però si ripiegano in borsa senza subire danni o quelli di Borsalino che civettano con i riferimenti culturali. La vocazione green dell’intera rassegna mostrata non solo dalle collezioni, sempre più certificata, ma anche dal progetto, e conseguente confronto in Fortezza, promosso da Andrea Cavicchi, presidente del Consorzio Detox, il primo consorzio di aziende sostenibili, con Greenpeace e gli studenti dello Ied.
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