Perché Benedetto Croce assolverebbe Maurizio Cattelan

L’artista alla sbarra a Parigi

DI CLAUDIO STRINATI

Il processo contro l’artista Maurizio Cattelan e il suo Gallerista Perrotin stimola considerazioni di carattere filosofico egiudiziario insieme.
L’accusa mossa a Cattelan dall’anziano scultore Daniel Druet — che ieri era in aula a Parigi davanti alla terza camera del tribunale — è quella di violazione del diritto d’autore in quanto l’ultraottantenne maestro sosterrebbe di essere lui l’autore almeno dei bozzetti di alcune opere cruciali ed epocali di Cattelan, che rivendica ovviamente a se stesso l’esclusiva ideazione e progettazione delle sue opere ma non credo abbia mai negato di essersi servito di collaborazioni per la concreta realizzazione. D’altra parte Druet si riferisce anche al concepimento ed esecuzione da parte sua delle opere definitive, e parliamo di conclamati capolavori di Cattelan come Him che rappresenta Hitler bambino intento a pregare in ginocchio e di altre otto opere realizzate tra il 1999 e il 2006, sostenendo per voce del suo avvocato Jean-Baptiste Bourgeois, che l’artista italiano «è incapace di scolpire, di dipingere e persino di disegnare». Forse Druet non hai mai ottenuto accordi contrattuali vincolanti, né sotto il profilo tecnico- artistico né sotto quello finanziario e si risveglia un poco tardivamente. Sarebbe stato pagato per l’esecuzione dei bozzetti, sì. Ma non avrebbe poi tratto proventi dalle vendite milionarie delle importanti opere. Ne avrebbe avuto diritto? Ha diritto ai quattro milioni di euro che chiede a Cattalen a titolo di risarcimento? Lo stabilirà il Tribunale l’8 luglio, quando ci sarà la sentenza, sulla base di atti certi.
Molti si sono chiesti: Druet è dunque il vero autore di alcune opere che noi tutti diciamo e con piena convinzione di Cattelan? Soprattutto, questa domanda può condurre alla filosofica domanda di ordine generale: ma chi è veramente l’autore di un’opera d’arte, quello che la pensa e la progetta (Cattelan in questo caso, l’artista nel senso più alto e vero della parola) o quello che la esegue (l’artigiano, anche qui nel senso più alto e vero della parola)? Ma non basterebbe dire che l’autore di un’opera d’arte è, sempre e comunque, l’artista-artigiano che non può che coincidere nella stessa persona? Pare ovvio, ma non lo è. Per secoli, e ancora adesso,gli scultori ma anche i pittori, e gli architetti a maggior ragione, hanno lavorato all’interno di veri e propri laboratori attrezzati dove la presenza di numerosi e competenti artigiani specializzati, artisti collaboratori e progettisti è stata la regola di funzionamento. Specie in rapporto ad alcune tecniche specifiche come la fusione delle statue bronzee o la stesura di cicli di affreschi e pitture murali di vario genere su superfici di immense dimensioni da dipingere con criteridi omogeneità, come la Galleria delle carte geografiche in Vaticano della fine del Cinquecento. Qui lavorarono almeno una ventina di pittori di livello con uno stuolo di collaboratori ma la storiografia riferisce l’insieme a non più di tre o quattro nomi e talvolta ad uno solo, Girolamo Muziano che per alcuni studiosi a buon diritto è considerato l’autore.
Prendiamo la Musica. Ci sono persone che suonano, compongono, cantano, registrano, senza saper leggere le note, senza avere cognizione dell’Armonia e del Contrappunto ma conseguendo risultati assai buoni. Per raggiungerli si appoggiano su tecnici, musicisti esperti, arrangiatori, che fabbricano con il genio dilettante il prodotto finito. E può essere una magnifica canzone o una colonna sonora eccellente. Sono meritevoli e degni della qualifica di autori.Chi conosce il mondo del libro sa bene quale sia il ruolo degli editor nelle case editrici. Certo non sono tutti Bobi Bazlen ma i loro interventi possono essere determinanti, sia nel concreto della scrittura sia nelle titolazioni che contribuiscono talora al successo dell’opera. Ci sono capolavori della letteratura italiana moderna, i cui autori giustamente celebrati non sono necessariamente autori dei titoli mirabili di alcuni loro libri. Sono stati creati, quei titoli, da editor geniali, eminenti letterati e autori di gran dottrina. Non c’è nulla di male o di illecito. Il sistema letterario talvolta funziona così per cui l’autore può essere rafforzato e consolidato anche dalla collaborazione attiva di autori a lui, per i più diversi motivi, vicini che fanno convergere sulla sua opera certe loro specifiche attitudini creative per consegnare ai lettori un libro compiuto di sommo merito.
E potremmo parlare, nel Cinema, degli sceneggiatori, dei direttori della fotografia, dei montatori soprattutto. Non sempre e necessariamente coincidono con il regista, che è comunque l’autore del film. E sappiamo bene come il montaggio sia componente essenziale e determinante.
Allora possiamo dire che l’autore dichiarato di un’opera d’arte è tale anche quando la fabbricazione segue percorsi implicanti collaborazioni, modifiche, integrazioni, soluzioni generate da altri che pure hanno la dignità di autore ma non aprono né chiudono il prodotto finito, che non realizzano, cioè, quella sintesi di intuizione e espressione che Benedetto Croce nell’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale
(1902) pose alla base della sua un tempo celebrata definizione dell’Arte in sè. Quest’ anno cade il settantesimo anniversario della scomparsa del grande studioso, le cui teorie sono state a lungo derise. Dire adesso che non avesse però tutti i torti in quella famosa sentenza è forse il miglior modo di celebrarlo per dare una possibile chiave di lettura a quel curioso quesito su chi debba considerarsi autoredell’opera d’arte.

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