Rete unica, avanti tutta accordo entro marzo 2021
Via libera dai cda di Tim e Cdp alla nuova società che porterà il collegamento in fibra nelle case di tutti gli italiani Renderà possibile digitalizzare la pubblica amministrazione, migliorare i servizi sanitari, far crescere l’istruzione
di Sara Bennewitz
MILANO — Telecom Italia dà il via libera alla creazione di una società della rete in banda larga, che ingloberà anche quella di Open Fiber e porterà in tutta la penisola l’infrastruttura che traghetterà il Paese nell’era digitale. Il consiglio di amministrazione del gruppo guidato da Luigi Gubitosi ha approvato sia la lettera d’intenti con cui l’ex monopolista si accorda con la Cdp (socia al 50% della rivale Open Fiber) per dare vita alla rete unica, sia la separazione in una società a parte (detta Fiber-Cop) della sua rete di accesso, quella in fibra e rame che dall’armadietto in strada entra nelle case degli italiani. E’ dal 1995 che si discute di come dotare il Paese di una rete in fibra, prima di Gubitosi sono passati 25 anni e 10 diversi amministratori delegati (con il doppio mandato di Franco Bernabè) e tanti azionisti privati che in teoria non hanno mai avuto il controllo, ma di fatto hanno gestito l’azienda rinviando gli investimenti nella rete. Il coronavirus ha fatto emergere la necessità di colmare il divario digitale e ha indirettamente anche messo a disposizione le risorse del Recovery fund per porvi rimedio. L’Italia è al venticinquesimo posto in Europa, davanti a Romania, Grecia e Bulgaria. Persino Cipro ha una rete migliore della nostra, una condizione inaccettabile per la terza economia d’Eurozona e che non può più essere compensata dai cellulari (a marzo ce n’erano 78,4 milioni su 60,2 milioni di abitanti).
L’accordo è stato raggiunto all’unanimità, e ciò significa che è stato condiviso sia dagli esponenti della francese Vivendi (primo socio Tim con il 24%) sia dagli altri consiglieri in rappresentanza del mercato e della stessa Cdp (che di Tim ha il 9,9%). L’intesa firmata ieri prevede che Telecom manterrà il controllo del capitale (50,1%) della nuova rete, ma non della gestione dell’azienda (avrà la metà dei consiglieri meno uno). Tim si impegna quindi a separare subito la sua rete di accesso in una società a parte detta FiberCop che sarà aperta a tutti gli operatori, da Fastweb (che attraverso il conferimento di Flash Fiber ne acquista il 4,5%) a Tiscali, che studierà come investire al fianco di Tim per sostituire il rame con la fibra. I capitali veri (fino a 1,8 miliardi) arrivano però dal fondo Usa Kkr, che in un secondo momento è disponibile a investire ancora perché dentro FiberCop sarà confluito anche l’altro pezzo della rete Tim, quello che dalle centrali arriva all’armadietto e si collega ai nodi, risalendo tutte le dorsali d’Italia. Cdp, che è socio sia di Tim sia di Open Fiber (50%) farà da garante affinché l’integrazione vada in porto, in modo che la rete raggiunga tutti gli italiani e che tutti gli utilizzatori ricevano le stesse condizioni. Una rete moderna rende possibile digitalizzare la pubblica amministrazione, migliorare i servizi sanitari e la telemedicina, aprire l’istruzione a tutti con l’e-learning, ma permette anche alle aziende di ridurre i costi e rilanciare i ricavi. Per questo la Cdp sarà l’ago della bilancia, anche nella seconda fase, quella più delicata, che è attesa entro il marzo 2021, quando le due rete rivali, di Tim e Open Fiber, dovranno fondersi diventando una cosa sola. Per raggiungere l’obbiettivo la Cassa è pronta a prendere la maggioranza di Open Fiber (esercitando la prelazione sulla quota di Enel, l’altro socio di controllo) e sta negoziando un’opzione con Kkr fino alla metà del suo 37,5% di FiberCop. Nel caso in cui le autorità dessero il via libera al matrimonio tra la rete di Tim e quella della sua prima rivale, Cdp potrebbe entrare nel capitale di FiberCop dimezzando il peso di Kkr, assicurandosi di avere una quota determinante del gruppo che nascerà dall’integrazione.