Pd toscano e 5 Stelle contro la dote da 5 miliardi per Mps

di Andrea Greco
MILANO — Tasselli operativi e negoziati corrono veloci, per cedere il Monte dei Paschi all’Unicredit, anche se con una dote pubblica che potrebbe in totale eccedere i 4,985 miliardi versati dal Tesoro a Intesa Sanpaolo per rilevare le due popolari venete (in dissesto) tre anni fa.
Ma il consenso nella maggioranza di governo è tutt’altro che formato: e tra domani e dopodomani i deputati M5s presenteranno un emendamento per ridurre a 500 milioni i crediti d’imposta massimi che un articolo della legge di Bilancio garantisce alle aziende che si aggregano nel 2021. Una misura che è parsa da subito pensata per Mps, il quale in caso di fusione potrebbe conteggiare come patrimonio 3 miliardi di euro di incerte attività fiscali che non a caso tiene fuori dal bilancio (il testo attuale stabilisce il beneficio al 2% dell’attivo della società incorporata, che non limita i 3,7 miliardi di attività fiscali differite Mps, con beneficio di 3 miliardi pagata la commissione al Tesoro). La modifica, che ha per primi firmatari gli esponenti M5s Davide Zanichelli, Raphael Raduzzi e Alvise Maniero, sarà presentata alla commissione Bilancio della Camera, e discussa da inizio dicembre con tutti gli altri emendamenti. Ha il chiaro valore politico di smarcare il Movimento da un’operazione criticata da mesi: specie da maggio, quando il management Mps è stato indicato proprio dai M5s. Ma non è detto che l’emendamento possa trovare una sua maggioranza, facendo sponda su Leu o sui parlamentari toscani del Pd. Per la banca senese, infatti, una fusione con Unicredit implicherebbe almeno 6 mila esuberi, su 20 mila dipendenti rimasti; ed è il motivo per cui i sindacati, a partire dalla Fabi, sono molto contrari all’operazione. Tra l’altro Mps ha un fondo esuberi ridotto ai minimi: solo qualche centinaio di milioni, mentre servirebbero 1,2 miliardi per uno “scivolo” a 6 mila bancari. Anche questa somma potrebbe essere inserita nel maxiemendamento alla legge di Bilancio, con ulteriore esborso pubblico di qualche centinaio di milioni. Gli altri fondi necessari per vendere Mps a Unicredit «a neutralità di capitale», come avrebbe chiesto il capo dei compratori Jean Pierre Mustier, sono un miliardo circa per scorporare in un veicolo apposito i rischi legali del Monte (richieste danni per 10 miliardi) e i 2 miliardi di aumento di capitale per riportare il patrimonio della banca sopra i livelli minimi imposti dalla vigilanza. Con la cessione di 8,1 miliardi di crediti deteriorati alla pubblica Amco, perfezionata proprio ieri e che brucia 1,13 miliardi di patrimonio Cet 1 a Mps, e le perdite stimate a fine anno la soglia minima di capitale è già violata al ribasso.
Il Tesoro, che ha nominato giorni fa Bank of America come consulente finanziario per l’operazione (e lo studio legale Orrick per la scissione dei rischi di contenzioso) sembra puntare a una fusione nel primo trimestre 2021, con l’impegno di versare 2 miliardi di capitale dentro il nuovo polo. Sempre se il premier Giuseppe Conte, che un mese fa dopo settimane di riflessione ha firmato il decreto per riprivatizzare Mps, troverà l’amalgama per la maggioranza disunita.
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