Parliamo di cazzotti.

  
di Pierluigi Piccini

Mi piace raccontarvi di un incontro fatto con alcuni conoscenti francesi ieri a Parigi. L’argomento, dopo i soliti convenevoli, è scivolato sul Palio che seguono regolarmente e alle scazzottate del dopo corsa. La sintesi delle questioni che mi hanno posto e che non capivano erano sostanzialmente queste: perché i due gruppi che si affrontavano scambiandosi dei colpi, si allontanavano appena qualcuno di loro cadeva a terra per poi riprendere a fare a cazzotti? E perché non hanno voluto l’intervento delle forze dell’ordine e si sono fermati, viceversa, soltanto quando sono entrati i vigili urbani a dividerli? Durante la conversazione c’è stato anche chi, occupandosi di estetica, mi faceva notare come il tutto gli apparisse quasi una danza rituale. Io non so se le cose siano andate precisamente in questo modo, ma mi interessava come loro leggevano i fatti e gli occhi con i quali guardavano i contradaioli in Piazza. Ho cercato di rispondere per quello che sono riuscito a capire in tutti questi anni a Siena. E di ritualità, per me, bisogna parlare. Di una ritualità non scritta fatta di norme tramandate, comportamentali che riescono a scaricare la violenza, tipica di tutte le collettività, nel rito. Il Palio è una festa d’ordine che ricompone la socialità immediatamente dopo la Carriera. Infatti, un’altra domanda è stata: ma quelli che si sono affrontati in Piazza, poi successivamente, se si incontrano nuovamente cosa fanno? Continuano a darsi alle mani? Da ciò che è a mia conoscenza non mi risulta; il rito si consuma in spazi, in tempi e in luoghi ben definiti. Quindi, una Festa antropologica che apparentemente divide, ma che nei fatti unisce nel riconoscimento dell’altro, del nemico nel momento del gioco; gioco dai mille significati, ma pur sempre un gioco. A mio parere il problema delle società grandi o piccole che siano nascono proprio quando si perdono questi comportamenti collettivi, quando la violenza, sempre presente, non riesce a trovare dei momenti per sfogarsi. Quando diventa un fatto individuale o viene sublimata attraverso delle semplici rappresentazioni. Forse la collettività senese ancora così compatta, nonostante tutto, con i suoi lati negativi riesce ad esserlo proprio grazie a questi episodi. Non voglio fare l’esaltazione della violenza, voglio semplicemente dire che non è possibile farne a meno e se non è possibile farne a meno, allora dobbiamo chiederci come è possibile scaricarla. Le società che non riescono a farlo diventano patologiche. E di patologia siamo pieni come nel rapporto, in alcuni casi, con gli animali, ma questa è un’altra storia.