Un anno denso il 2018 per Palermo: la città assume infatti il titolo di Capitale italiana della cultura, ruolo che si è guadagnata trionfando sulle altre candidate, Alghero, Aquileia, Comacchio, Ercolano, Montebelluna, Recanati, Settimo torinese, Trento e l’Unione comuni elimo-ericini (Buseto Palizzolo, Custonaci, Erice, Paceco, San Vito Lo Capo e Valderice). Certo nella scelta ha pesato il suo particolare status di ‘città-mosaico’, città ‘plurale’ per eccellenza, in cui si sono avvicendati, stratificati e fusi mondi diversi, come ben dimostrano il tessuto urbano e le architetture, la sua lingua, la sua cucina, e la sua naturale vocazione – per posizione geografica e per storia – alla multiculturalità e alla sincretistica accoglienza di processi culturali compositi. Una condizione ben esemplificata dalla lapide quadrilingue del 1149, conservata nel Palazzo della Zisa, una stele funeraria in ebraico, latino, greco e arabo che è impossibile non leggere anche come monumento alla coesistenza e all’integrazione.
Non è un caso dunque che molte delle manifestazioni culturali che animano Palermo ruotino in qualche modo intorno a questi temi: il Festival delle letterature migranti, per esempio, che si propone come una sorta di itinerario nella contemporaneità – che è fatta di migrazioni di popoli, di culture, di conflitti, ma anche di coesistenze proficue – sottolineando la natura migrante della stessa letteratura. Oppure del BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, un festival di teatro, musica e arti visive dedicato ai popoli e alle culture dei Paesi che si affacciano sul mare “nostrum”.
Nel 2018 Palermo ospiterà anche la dodicesima edizione della biennale itinerante di arte contemporanea Manifesta, un progetto site-specific, particolarmente attento agli aspetti politici e sociali, che invita le comunità artistiche e culturali a produrre nuove esperienze creative sperimentali nel contesto in cui si svolge. Il progetto curatoriale di quest’anno dal titolo programmatico Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza assume il giardino come metafora di una possibile convivenza armoniosa, arricchita da una ‘impollinazione incrociata’. A riassumere il progetto di quest’anno l’emblematica Veduta di Palermo (1875) di Francesco Lojacono (Galleria di Arte Moderna di Palermo), in cui tutte le piante raffigurate provengono da diversi continenti (gli ulivi dall’Asia, il pioppo tremulo dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, il fico d’India dal Messico, il nespolo dal Giappone), e il riferimento alla teoria del botanico francese Gilles Clément che proponeva una visione del mondo come “giardino planetario”, di cui l’umanità ha la responsabilità di essere il ‘giardiniere’.
Manifesta 12 si porrà quindi come laboratorio culturale sui temi cruciali del nostro tempo, dalle migrazioni di popoli ai cambiamenti climatici, alle trasformazioni sociali e culturali, in una città che ha nella contaminazione la sua cifra specifica e che da sempre, ma tanto più nel presente, vive e sperimenta nel suo tessuto sociale i processi anche drammatici della contemporaneità.