«Padovaland», in provincia può succedere di tutto

La noia della provincia genera mostri. E questo vale tanto più in Veneto dove, oltre al monotono panorama fatto di capannoni, villette, centri commerciali, oltre allo spritz nel baretto di paese, poco altro viene offerto a chi vi abita. A mostrarne gli effetti, con un racconto crudo e per questo tanto più sincero, ci prova il ventisettenne artista padovano di origini argentine Miguel Vila, all’esordio con la graphic novel Padovaland, appena pubblicata da Canicola. I dintorni di Padova, ancora incerti se presentarsi come campagna, città o zona industriale, sono lo sfondo su cui si muove un gruppo di ventenni annoiati, in quella fase (esistenziale, generazionale?) in cui ciò che più conta sembra sia il tentativo di riempire il vuoto. Un lavoretto temporaneo nel grande supermercato del paese, in attesa di decidere cosa fare. Le feste di laurea, dove la cosa più importante è mettere in imbarazzo la festeggiata. Relazioni catastrofiche, che si ostinano a non funzionare. Lo sforzo di portare a termine una tesi universitaria, ostacolati in tutti i modi dal relatore indifferente. La difficoltosa accoglienza di uno studente straniero in visita per uno scambio culturale. E poi l’alcool, il sesso, le cene al ristorante di sushi con formula all you can eat. E la crudeltà come cifra che definisce la maggior parte dei rapporti.

«A me piace disegnare cose brutte» spiega l’autore, «non trovo molto senso nel disegnare cose piacevoli e piene di speranza. Mi interessa molto di più esplorare quegli aspetti che noi stessi rendiamo tabù. Perché credo che in uno spazio artistico, possa fare molto bene toccare questo tipo di argomenti e rappresentarli. Fa bene sia all’autore che ai lettori. Senza alcuna esigenza morale, senza voler dare un messaggio positivo. Non voglio denunciare proprio niente. Ma una storia positiva è quello che ti aspetti di vedere. In una storia «brutta» ti tocca invece provare qualcosa cui non sei abituato. E che non può farti davvero male, perché in fondo è solo un racconto».

A tratti sgradevole, grottesco, il libro di Miguel Vila ci conduce nel cuore oscuro di una provincia che all’esterno si presenta coloratissima, plasticosa, allucinata.

«L’area compresa fra la provincia di Padova, Treviso e Venezia, secondo gli urbanisti potrebbe potenzialmente evolversi in una megalopoli alla stregua di Los Angeles», racconta Giulia, uno dei personaggi di Padovaland mentre con le sue fotografie documenta capitelli, acquedotti, reperti di archeologia industriale. Si riconosce chiaramente il paesaggio veneto, le villette a schiera e le rovine industriali, le strade che non sembrano portare da nessuna parte mentre il centro svanisce, perde senso e consistenza. È fin troppo facile smarrirsi da queste parti.

«Volevo parlare della provincia perché mi dà l’impressione di un posto dove può capitare di tutto», riflette Miguel Vila. «È un ambiente che esprime incoerenza, e in questo caos ho voluto metterci delle persone che non sanno cosa vogliono, che sono depresse, infelici, antipatiche. Ho voluto raccontare, quasi attraverso un gioco, quelle che sono le mie esperienze visive. Creando un ambiente che non è per forza realistico, ma è la mia visione di Padova: me la sono inventata, non si tratta di una rappresentazione fotografica».

Si tratta dello stesso territorio percorso, pochi chilometri più a sud, dall’autrice Eliana Albertini (originaria di Rovigo) nella graphic novel Malibù, edita lo scorso anno dalla casa editrice veneta BeccoGiallo. Se in Malibù tuttavia l’uso del bianco e nero rende quanto più aderente alla realtà il cupo racconto che si sviluppa lungo gli snodi stradali nelle vicinanze della via Romea, in Padovaland la città e i paesini che la circondano vengono rappresentati come in un ritratto espressionista. I colori brillanti, gli edifici posticci, gli stretti zoom sulle parti del corpo, estremizzano le meschinità della provincia, ne mettono in evidenza gli eccessi, in un iperrealismo che accomuna tanto le dinamiche tra i personaggi che le ambientazioni. A fare da contraltare alle vicende dei giovani protagonisti, c’è infatti sempre il paesaggio, «elemento che contribuisce a dare identità alla storia. Per me gli ambienti hanno la stessa importanza dei personaggi, non c’è una gerarchia».

I personaggi di Padovaland ci parlano, ci somigliano e ci fanno sentire vicinissimi gli imbarazzi e le difficoltà che abbiamo incontrato in certe fasi della vita. Questo anche perché «nel costruire i protagonisti, mischio le mie esperienze con quelle dei miei amici o di conoscenti. Inoltre, in ogni personaggio c’è sempre una mia caratteristica, che quindi rispecchia sempre qualcosa che riguarda la mia esperienza personale». La cattiveria che esprimono è la nostra.

Nelle pagine di Padovaland la provincia è descritta in modo davvero efficace, anche grazie alla grandissima attenzione rivolta alla composizione grafica, lezione che deriva anche dagli anni trascorsi da Vila a Venezia, a studiare pittura all’accademia. La curiosità verso il mondo del fumetto ha poi condotto l’autore a Bologna. Il primo racconto di Miguel Vila è stato pubblicato da Brace, rivista autoprodotta fondata da un collettivo di studenti dell’accademia di fumetto di Bologna. Qui inoltre è potuto entrare in contatto anche con i suoi futuri editori di Canicola. «All’inizio ero molto ignorante, conoscevo davvero pochi fumetti» racconta Vila, «poi piano piano ho cominciato con le letture fondamentali. Anche ora, non leggo tantissimi fumetti, ho dei gusti un po’ difficili. Ma alcuni autori mi piacciono davvero tanto. Chris Ware, ad esempio, e credo si possa capire anche dai miei lavori. L’ho scoperto prestissimo, me l’hanno fatto scoprire i miei zii che abitano in America, avevo 11 anni. All’inizio mi ha molto turbato, poi ho imparato a leggerlo: trovo il suo stile interessantissimo. Mi hanno ispirato anche alcuni racconti di Daniel Clowse, ad esempio. Tra gli autori più recenti mi piace Nick Drnaso, soprattutto per il modo in cui tratta i paesaggi. E tra gli italiani Paolo Bacilieri, per la cura di tutti gli aspetti grafici».

Non c’è solo il fumetto, tuttavia, tra le fonti di ispirazione di Vila. Padovaland deve molte delle sue atmosfere al cinema, «specialmente un certo tipo di cinema degli anni ’90. Nella scrittura del racconto, mi hanno aiutato molto alcune pellicole, come Happiness di Todd Solondz, oppure Short Cuts di Robert Altman. E poi Trainspotting, un film che mi ha colpito molto per la narrazione, semplice e geniale allo stesso tempo. E per l’uso che fa della periferia: le ambientazioni servono a trasmettere un’immagine molto precisa della Scozia, che nessuno conosce, decisamente poco tradizionale».

Anche se la passione per il fumetto è arrivata tardi, ora per Miguel Vila è diventata totalizzante. «Sto già progettando qualcosa di nuovo, per conto mio. Per ora sto lavorando a un’idea, ho la fortuna di avere del tempo libero in questo momento, poi vediamo come andrà. Anche se, fosse per me, io starei a disegnare tutto il tempo».

 

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