Io non riesco a capire come si possa vivere di scrittura non pubblicando un rigo da 40 anni. Non che voglia fare i conti in tasca a Fran Lebowitz ma insomma, sì. Fran Lebowitz non scrive dal 1981, da quando ha pubblicato Social Studies, il suo secondo e ultimo libro (eccetto un libro per bambini uscito nel 1994). Fran Lebowitz ha 70 anni, questi tre libri all’attivo, un quarto che è un romanzo di cui c’è un titolo provvisorio, un primo capitolo mai ultimato, altre paginette sparse, e stop. È un caso di grave blocco dello scrittore, di cui lei stessa non si dà pace, e per non pensarci dorme tutti i giorni fino a mezzogiorno, facciamo le due, e poi come fai a scrivere se sei “occupata a seguire voci di storie infondate” (è il gossip) e ti disturba il telefono, è il tuo editore, che vuole sapere a che punto è il romanzo, quando tu di romanzi passi la vita a leggere quegli degli altri “fino all’osso”, e fino a che non s’è fatta ’na certa, ed è ora di uscire, di andare a cena fuori, a fare le due di notte con gli amici, e Fran conosce tutti, cioè tutti quelli che a New York vale la pena conoscere, e poi, che si fa, che tra poco è l’alba, si torna a casa e ecco… sarebbe il momento giusto per scrivere qualcosa. Fran si accende l’ennesima sigaretta, ci si mette sul serio, ma il divano e il sonno hanno la meglio. E così fino al nuovo giorno, ed è di nuovo mezzogiorno, e si ricomincia uguale. Nonostante questa vita turbolenta e come si vede intrisa di impegni che non la fanno scrivere, Fran Lebowitz è tra le scrittrici più rispettate, nella sua New York di sicuro ma in Italia no, nessuno tranne la sottoscritta e pochi intimi sparsi ne sapeva alcunché prima che Netflix a febbraio passasse Fran Lebowitz–Una vita a New York, il secondo documentario che Martin Scorsese le ha dedicato.

Ragazzi, sveglia, Fran Lebowitz è un culto, un’entità venerata da chi è culturalmente fecondo, reattivo, saputo. Amare Fran Lebowitz significa essere ciò che io più mi vanto: sinceramente e orgogliosamente snob. Fran Lebowitz è la rivalsa no, è lo sterminio del pattume piagnoso intellettivo e intellettuale che ci circonda e che, niente da fare, non ci avrà. Non avrà la meglio, su voi non so, ma su me e Fran di sicuro. Per questo sono grata a Bompiani che ha pubblicato La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire, cioè ha tradotto in italiano quasi tutti gli articoli che la Lebowitz ha scritto negli anni Settanta e che compongono i suoi primi due libri di ciò che io chiamo critica sociale istantanea. Caustica. Fran Lebowitz si fa protagonista di un fatto, un gesto, pensiero, modo di vivere. E lo disintegra in ogni suo aspetto. In poche righe ne ha per sé, per te, per chi è l’opposto di lei, di te e per il fatto in sé. Qui non siamo al politicamente scorretto. Siamo oltre, a vette che solo Fran sa raggiungere. Il suo umorismo in Italia non esiste, e non so fino a che punto ora in italiano possa attecchire e quanto e come. Quando qui si annaspava negli anni di piombo, e nella politica sempre quella, negli Stati Uniti avevano lei. Avevano ‘già’ lei.

Torno al dilemma iniziale: come cavolo campa Fran Lebowitz? Non certo agiata con i diritti dei suoi libri che vendono a un pubblico ristretto, né è erede di famiglia ricca, né è sposata a una Rockefeller, anzi: Fran vive da sola come sempre ha fatto. Lei in 40 anni di blocco dello scrittore da quanto ne so e se ne sa, vive di rade ospitate TV, e di sparsi reading e conferenze. E di cosa parla uno scrittore che non scrive da 40 anni? Parla di tutto lo scibile umano perché Fran Lebowitz ha un punto di vista suo, personalissimo, arguto, non replicabile e inimitabile su ogni argomento. Argomento che può passare dai massimi sistemi a Dio all’educazione dei bambini che lei non ha voluto a quale moka è migliore e perché. Fran Lebowitz non è uno scrittore, o almeno, non solo: lei è ciò che si dispiega e si compie nel suo nome e cognome. Lei è una P-E-R-S-O-N-A-L-I-T-À. Un cervello attivo. Un principio attivo. Roba che per come vendono e si considerano le personalità oggi io, se mi credessi tale e subodorassi l’esistenza di Fran Lebowitz, mi sotterrerei. E poi Fran Lebowitz è tanto ma tanto simpatica. È simpatica a te che non sei un rimbecillito dal presente e dai social e non ti è andato in pappa il cervello a sentire tutte le c*zzate che i nostri contemporanei si prendono la arrogante libertà di farci sapere. A te che non sei prono a ciò che devi inventare di essere per fotografarti per ciò che non sei. E a te che non sei permaloso e che, per assaporare le sottigliezze della Lebowitz, ti ergi mille altezze superiore alla insipida minestrina culturale e politica e sociale che questi tempi ci vogliono far ingurgitare. Non che Fran Lebowitz sia uscita da una Ivy League o abbia nel cassetto chissà quali attestati pergamentati: la Lebowitz non ha finito le superiori, essendone stata espulsa per cattiva condotta. Fran Lebowitz è una snob che snobba altezzosità e alterigia. Lei è forte di se stessa e di una cultura autodidatta che però non si è fatta per strada perché lei disprezza il volgo come non mai. Fran è come me. Gli altri annoiano e ci danno fastidio. Fran Lebowitz disprezza la gente in generale e qualcuno di più. Lebowitz ti dice che puoi amare Obama, detestare Trump, non conta, sciocco, poiché sono entrambi showman in tal modo programmati “per un voto che è una forma di intrattenimento”. Lebowitz non sopporta i giovani ma non tutti, detesta la maggioranza pusillanime nata vecchia. Non è però che disprezzi i giovani di oggi: lei disprezzava gli adolescenti quand’era lei adolescente e i 20enni quando lei aveva 20 anni. Fran Lebowitz ha giudizi di spregio pure per i suoi coetanei boomers “che non se ne vanno, ma andatevene! State privando gli altri dell’opportunità di farsi una vita. Non ne avete diritto, causate stagnamento nella cultura”, e non solo, visto che ne ha anche per vecchio Biden. Il populismo, quello americano, quello della sua generazione “è paura e rabbia a muoverli. Si tratta di persone che per tutta la vita hanno goduto di impressionanti dosi di privilegio sulla base di niente. Nessun conseguimento, nessuna dote, nessun tipo di conoscenza. Anche se non hanno raggiunto nessun traguardo importante nelle loro vite, si sono sempre sentiti importanti e in pace con se stessi per via della condizione sotto la quale sono nati”.

Fran Lebowitz non possiede uno smartphone, mai avuto nemmeno un telefonino, non ha il web, non ha un computer, ma ha due macchine da scrivere su cui non ha mai scritto. Lei ha sempre scritto a mano, penna Bic e foglio bianco. Non ha mai voluto un editor. L’ortografia la conosce fin troppo bene e il suo stile è il suo e non si discute e chi saprebbe farne formula altra e migliore? Non leggerla è da ottusi. Non godere della sua mente uno spreco. Avrà forse vinto a qualche lotteria?