NOMINE
Fin dai tempi della Prima e della Seconda Repubblica sulle nomine casca l’asino. Nel senso che è sempre venuto spontaneo predicare bene e razzolare male. A parole prevalgono le dichiarazioni d’intenti nel nome della professionalità e dell’esperienza specifica come criterio unico a cui ispirarsi nelle scelte da fare. Nei fatti le decisioni prese hanno sempre rappresentato l’occasione in cui la classe dirigente della politica ha dato il peggio di se stessa. Passano gli anni, siamo entrati in una nuova era, certamente molto diversa dal passato, ma il terreno delle nomine si rivela sempre ricco d’insidie per i protagonisti. È passato quasi un mese da quando, il 2 ottobre scorso, abbiamo denunciato il fatto che, in un momento delicato della vita politica del Paese e con i mercati in subbuglio, la Consob, l’organismo di vigilanza, è senza presidente. Da quel momento incontri riservati e grandi manovre nei nuovi Palazzi della politica si sono moltiplicati, ma senza trovare la soluzione. Così l’incarico resta vacante e il clima diventa sempre più velenoso. La stessa incertezza impedisce di procedere sul pacchetto delle nomine in Rai, al vertice dell’Authority Antitrust e ai servizi segreti. L’ultima puntata delle verifiche in corso si è svolta nel fine settimana, ma con fumata nera. L’accordo tra M5S e Lega non si trova. Per quanto riguarda i servizi le nomine sono slittate alla primavera prossima, nel caso della Rai il tentativo è di chiuderle in settimana, Consob dovrebbe arrivare subito dopo e via dicendo. Lo spettacolo, occorre dirlo, non è dei migliori. Il rischio è che, alla fine, logiche di spartizione prevalgono sulla opportunità di nominare candidati dal curriculum adeguato. Sarebbe imperdonabile.