Nina Zilli.

FULVIO PALOSCIA
Quando racconta la sua musica Nina Zilli usa metafore fashion. Non parla di arrangiamento di una canzone, ma di “vestito”, dice che i pezzi scritti dagli altri deve sentirseli tagliati addosso “come un abito”. Nel concerto che approda domani al Viper (v. Pistoiese/v.Lombardia, ore 21,30, ingresso 25 euro), la moda si fa linguaggio di scena, e non solo. Diviso in tre momenti, ognuno sarà contraddistinto da altrettanti abiti di Vivienne Westwood — la stilista “punk” che da sempre veste la Zilli — di Versace a da accessori firmati da giovani fashion designer selezionati da Vogue: «La moda è legata a doppio nodo alla musica — racconta la Zilli — ogni genere ha un suo codice di abbigliamento che segnala il bisogno d’appartenenza tipico delle subculture giovanili. Per me non è solo un fatto estetico, ma un modo di esprimermi radicato nel suono».
Nella band c’è anche un dj.
«Ci tengo a specificarlo, suonerà musica sua, e farà da connessione tra un pezzo e l’altro in una scaletta senza soluzione di continuità. Ci sarammo anche un moog e un tastierista modulatore: dal vivo, ho cercato il più possibile di riprodurre il suono dell’album, tutto però ricreato live».
Il nuovo album Modern art segna un ritorno alle sue origini reggae.
«Io sono il prodotto di tutto quello che ho ascoltato e suonato, generi e stili che si sono sedimentati in me e mi fanno essere l’artista che sono oggi. Da ragazzina portavo i dreadlock e andavo pazza per la musica giamaicana, è vero, poi però negli anni Novanta andavo pazza per i Faith no more, Rage against the machine, Pantera, roba tostissima. Mi piace l’idea di essere la creatrice di un sistema musicale con tanti pianeti, con suoni moderni ma suonatissimi come si faceva negli anni Sessanta e Settanta. Ma il ritorno alle origini è anche nella scrittura».
Cioè?
«Come facevo agli esordi, stavolta mi sono chiusa nella mia cameretta e mi sono divertita un mondo a isolarmi da tutto e da tutti per creare le nuove canzoni e dare loro un vestito. Solo tagliandomi fuori dal mondo esterno e prendendo i miei tempi potevo tornare a mettermi in gioco. È venuto fuori un disco sull’amore universale più che su quello di coppia, e il reggae è rispuntato fuori visto che quel tipo di amore era il tema di Bob Marley».
Tra gli autori che hanno collaborato al disco c’è anche l’immancabile Tommaso Paradiso di The Giornalisti.
«Se una canzone mi piace e me la sento cucita addosso come un abito su misura, può averla scritta anche Topolino».
Cosa le ha insegnato la tivù di
Italia’s got talent?
«Nulla più che guardare la telecamera giusta. Il vero insegnamento sono stati i tanti concerti davanti ad un pubblico poco congeniale, le birre che mi hanno scagliato addosso: è così che impari il coraggio e la capacità di destreggiarti in ogni situazione».
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/