Nelle stanze della Sezione Italia del Pci

La Sezione Italia del Partito comunista italiano aveva sede, a Roma, in una palazzina che si trova all’incrocio tra via Catanzaro e via Belluno. Come si legge in una scritta in latino sulla facciata, fu edificata nel 1926.

Nel novembre di quell’anno Antonio Gramsci, che abitava nei paraggi, veniva arrestato in via Morgagni a poche centinaia di metri da via Catanzaro. In quel nuovo edificio, dal 1927, Enrico Fermi abitò un appartamento dell’ultimo piano negli anni in cui coordinava le ricerche dei ‘ragazzi’, il gruppo dei fisici di via Panisperna, fino a quando lasciò l’Italia delle leggi antisemite.

Allora, in quell’area contigua a Villa Torlonia, molti cantieri erano aperti a tirar su villette e case assai decorose progettate secondo principi non speculativi, quando lì accosto l’architetto Angiolo Mazzoni realizzava il complesso e il teatro del Dopolavoro ferroviario.

Sul lato della palazzina che dà su via Catanzaro, al piano della strada, in angolo, si apre un cancelletto su un breve spazio d’ingresso e, scesi tre o quattro scalini, si accede ad un ambiente non esiguo, composto di alcune stanze. In quei locali, dopo il settembre del 1943 e fino alla liberazione di Roma, trovavano modo di incontrarsi, per il sicuro tramite di Fanny Montanari e Augusto Raponi, esponenti della cospirazione antifascista e dei Gruppi di Azione Patriottica in quello che era il quartiere dove abitava Pilo Albertelli e dove fu ferito a morte Eugenio Colorni.

Dal 1945, intitolata ad uno dei martiri delle Fosse Ardeatine, Luigi Gavioli, la Sezione Italia acquistò certe sue caratteristiche peculiari che la contrassegnavano mostrando una sorta di identità politica riconoscibile nell’ambito della Federazione romana del Partito comunista. Nel territorio di sua competenza erano dominanti il ceto impiegatizio, una piccola e una media borghesia, ma un rilievo avevano una componente popolare e operaia (che molto aveva operato a costruire una attiva rete di resistenza in specie facendo perno nei caseggiati di Villa Narducci e di Palazzo Federici nei mesi di Roma città aperta) e la presenza di studenti e di intellettuali dell’università e di ricercatori e tecnici dei laboratori del Policlinico.

La Sezione si qualificò presto, dagli anni Cinquanta all’epoca dei fatti di Budapest, e assai oltre le consuete attività di propaganda e di proselitismo, come un luogo di intensa, costante ed elevata discussione non solo sulle scelte via via operate (la ‘linea’ del partito), ma sulle prospettive e i nodi della ‘via italiana al socialismo’; le forme e i modi del ‘centralismo democratico’; la formazione e la selezione dei ‘quadri dirigenti’.

Discussioni e dibattiti che affrontavano con grande passione e approfondivano con intelligente cognizione dei fatti e delle idee le questioni del comunismo e della libertà. Il 1956 e l’Urss; l’attuazione della democrazia italiana nello spirito della Costituzione; gli studenti e gli operai nel Sessantotto; Cuba e la Cina.

La peculiarità della Sezione Italia, cioè quella propensione al dibattito aperto, era conferita dagli iscritti, e alimentata in special modo dalla presenza di numerosi esponenti di primo piano e prestigiosi dirigenti del partito della generazione di Gramsci e di Togliatti. Ruggero Grieco, Paolo Robotti, Aldo Lampredi, per dire tre nomi esemplari. O Egle Gualdi, Armida Platone, Rita Montagnana. Donne e uomini che avevano affermato il loro impegno nell’antifascismo del carcere e dell’esilio, nella guerra di Spagna e nella Resistenza, alla Costituente e in parlamento.

Era dal confronto vivo con protagonisti della storia del partito che in quelle stanze della Sezione Italia si determinava il passaggio tra generazioni di militanti elaborato con passione critica e forti motivazioni, a intendere i modi nuovi e i presupposti dell’impegno politico e a configurare i compiti dei comunisti nell’Italia repubblicana.

Argomenti, questioni e istanze che iscritti come Laura Lombardo Radice, Aldo Natoli e Pietro Ingrao recavano ai più giovani (Vittorio Sartogo, Antonio Moscato e, poi, la generazione del Sessantotto). In quelle stanze della Sezione Italia Paolo Pietrangeli fece risuonare per la prima volta le note di Contessa.

 

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