di Antonello Cherchi
Nei beni culturali è di casa la proroga. Sono ormai anni che le concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi d’arte (caffetterie, ristoranti, bookshop, strutture di accoglienza), un settore che lo scorso anno ha incassato quasi 46 milioni di euro, vanno avanti per abbrivio. E anche il 2014 sta trascorrendo senza che niente si sblocchi. L’annunciata discesa in campo di Consip, che nelle intenzioni del ministro Dario Franceschini avrebbe dovuto prendere in mano la situazione, per ora è quantomeno rimandata.
Entro ottobre – come la centrale acquisti aveva comunicato a metà luglio, al momento della pubblicazione dell’avviso di preinformazione e dell’avvio di consultazione del mercato – avrebbe dovuto vedere la luce l’accordo quadro in grado di «consentire alle pubbliche amministrazioni di acquistare in maniera rapida ed efficiente quanto occorre per realizzare un progetto di valorizzazione dei beni culturali». Ottobre è passato, novembre pure, Natale si avvicina e ancora niente.
«Sarà pronto a gennaio», spiega l’amministratore delegato di Consip, Domenico Casalino, che imputa il ritardo a un momentaneo intiepidimento del ministero, che sembrava aver perso interesse al coinvolgimento della centrale acquisti. «Qualche giorno fa – aggiunge Casalino – il ministro Franceschini ha però ribadito che delle gare nei servizi aggiuntivi si occuperà Consip».
Uno stop and go che la dice lunga sulle difficoltà della questione. Il passato, d’altra parte, non offre margini di ottimismo. Dopo che nel ’93 la legge Ronchey ha introdotto anche in Italia la possibilità di creare i servizi nei musei e di affidarli in gestione ai privati (di fatto, la novità è partita qualche anno più tardi), la strada è sempre stata in salita. I numeri lo dimostrano: l’anno scorso i servizi attivi erano 335 (contro, per esempio, i 409 del 2005), i clienti 9,1 milioni (ma nel 2006 e 2007 avevano oltrepassato i 9,4 milioni) e i ricavi si sono fermati a 45,7 milioni di euro (nel 2006 avevano superato i 46 milioni). Ci sono, poi, gli incassi delle biglietterie, che invece continuano a crescere (126 milioni l’anno scorso, contro i 118 del 2012) insieme ai visitatori. Conti sull’altalena, dunque, ma soprattutto ben lontani dalle performance che ci si aspettava dai servizi aggiuntivi, anche guardando a come funzionano i grandi musei stranieri.
D’altra parte, l’affidamento delle concessioni è sempre stato sofferto, anche perché le gare sono state bandite dalle soprintendenze secondo criteri che hanno mostrato molti limiti e che, da ultimo, hanno prestato il fianco alle censure dei Tar. Come è accaduto con le linee guida messe a punto, anche grazie a consulenti esterni al ministero (pagati 200mila euro) nel 2010, a più riprese bocciate dai giudici amministrativi. Insuccesso che ha contribuito a perpetrare lo stato di proroga continua delle gestioni. Né miglior sorte hanno avuto le linee guida approntate a inizio di quest’anno, che non sono neanche arrivate a misurarsi con la realtà: Franceschini le ha “congelate”, preferendo affidarsi a Consip.
La centrale acquisti si presenta con progetti ambiziosi. «L’obiettivo – afferma Casalino – è di portare i ricavi a 2,5 miliardi di euro. Questo attraverso bandi di gara che mettano in rete luoghi d’arte e servizi, ottimizzando le gestioni e facendo aumentare gli incassi. Poi con l’accordo quadro, che sarà suddiviso per grandi aree geografiche, selezioneremo una serie di operatori che potranno partecipare ai progetti di valorizzazione dei singoli musei». Una prospettiva che si innesta sulla riorganizzazione del ministero, che ha eletto venti super-musei, dotandoli di piena autonomia.
Su analisi e numeri che consentiranno di raggiungere la stratosferica (se rapportata ai conti attuali) cifra di 2,5 miliardi a Consip vige un assoluto e inspiegabile mistero. Non resta che attendere gennaio. E intanto andare avanti con le proroghe.