Mps sotto la lente di 30 manager Unicredit

 

Oggi l’audizione di Franco alla Camera. Il sindaco di Siena: non siamo un supermercato

Andrea Ducci

 

ROMA Nella trattativa per l’acquisto di Monte dei Paschi di Siena da parte di Unicredit c’è un dato che dovrebbe rassicurare. Negli ultimi dieci anni il settore del credito a livello europeo ha registrato circa 360 mila licenziamenti, nello stesso periodo di crisi le banche italiane non hanno licenziato nessuno. A fare da cuscinetto è stato il fondo esuberi bancari che assicura ai lavoratori l’accesso al pensionamento anticipato qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei sette anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro. Un ammortizzatore che garantisce, insomma, fino a sette anni di stipendio, sebbene ridotto di circa il 20%, traghettando i lavoratori al traguardo pensionistico. Uno schema sperimentato e rodato. «Nel caso di Mps, serve un finanziamento da parte del Tesoro che ha il 64% della banca: il Tesoro dovrà dare del denaro a Mps che girerà quei soldi al fondo. Non c’è ragione — spiega Lando Maria Sileoni, segretario generale di Fabi, il principale sindacato del settore — di alimentare paure sulla trattativa, al di là di qualche aspetto da definire, è un’operazione analoga a quella del 2017 per il salvataggio delle banche venete da parte di Intesa Sanpaolo, quando lo Stato intervenne con oltre 5 miliardi». Un meccanismo, quello del fondo esuberi, che in Italia ha già consentito di prepensionare su base volontaria, circa 70 mila bancari, senza alcun licenziamento. Prospettiva che potrebbe disinnescare parte delle polemiche sulla vendita di Mps a Unicredit, dove si prefigurano 5.500 esuberi. Secondo le proiezioni di Fabi l’operazione potrebbe chiudersi con la banca guidata da Andrea Orcel che rileva circa 1.250 sportelli di Mps a fronte degli attuali 1.400, mentre un centinaio di filiali potrebbe passare al Mediocredito Centrale, che già controlla la Popolare di Bari, creando così un polo bancario del Sud. Il tema dell’offerta di credito nel Meridione, del resto, viene sollevato dal vice presidente della commissione Finanze della Camera, Giovanni Currò (M5S), che dice:«Ho proposto di audire il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco. Il tema è la compatibilità tra l’indicazione del Governo nel Pnrr, che è di forte contrasto alle diseguaglianze territoriali, e la riconfigurazione del nostro sistema bancario. Se Unicredit completasse l’acquisizione di Mps, tutte le principali banche si troverebbero a insistere sul Nord Italia». I dettagli definitivi dell’operazione saranno il frutto del lavoro del team di 30 manager di Unicredit, impegnato in queste ore nell’analisi dei numeri di Mps. L’accesso alla data room e il processo di due diligence sono in corso e dureranno 40 giorni. Il mese di agosto sarà utilizzato dal team di analisti e manager per revisioni settimanali e per chiudere l’istruttoria nei primi giorni di settembre. Tra le note da risolvere le modalità di utilizzo e di sopravvivenza del marchio Mps, che al di là del forte valore identitario per i senesi, è connesso al destino stesso della direzione generale che nella cittadina di Siena occupa ben 2.500 dipendenti. La salvaguardia del quartier generale di Rocca Salimbeni e delle migliaia di persone che ci lavorano sarà, insomma, una delle questioni da definire per evitare scossoni nel percorso di cessione.

A puntare i piedi, chiedendo rassicurazioni, è intanto il sindaco di Siena Luigi De Mossi. «Attendo chiarezza e una strada precisa da percorrere. Non siamo al supermercato, respingo — ripete De Mossi — fortemente l’idea che questa città rimanga supina di fronte a qualsiasi decisione. No alla macelleria sociale, si dia modo a questa banca di poter vivere». Qualche prima indicazione arriverà oggi con l’intervento del ministro dell’Economia Daniele Franco, che davanti alle commissioni Finanza di Camera e Senato illustrerà i contorni del progetto, ribadendo l’impegno del governo a minimizzare gli esuberi e rassicurando sulla necessità di tutelare il marchio Mps.

 

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