Mini convegno sullo stadio Artemio Franchi: per ora aria fritta!

di Pierluigi Piccini

 

Si è concluso il mini convegno al Santa Maria della Scala, il cui oggetto era l’esperienza seguita dall’Udinese Calcio per realizzare la ristrutturazione dello Stadio di Udine, poi denominato Dacia Arena, di proprietà pubblica.

Sulla base di tale percorso attuativo potrebbero esserci – questo lo spirito dell’”organizzatore” – spunti da copiare (non tanto progettuali quanto procedurali) per la ristrutturazione dell’Artemio Franchi di Siena.

Glissando sui problemi legali in corso, circa la legittimità della realizzazione dello stadio di Udine (indagine dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione, come anticipato dal mio blog), gli expertises chiamati ad illustrare il percorso compiuto hanno ammesso che la realizzazione dell’opera è avvenuta in un quadro normativo diverso da quello attualmente vigente. Anche questo era stato già anticipato dal mio blog, quindi non si ravvede come la procedura adottata ad Udine possa essere presa di esempio.

Ma occorre fare un passo indietro: alcuni mesi, forse ad inizio 2021, sulla stampa locale era già apparsa la notizia che era intenzione di Andrea Bellandi (all’epoca “vice presidente” dell’Acn Siena, e che dopo poco sarebbe divenuto direttore generale), portare a Siena per una sorta di consulenza il management della ristrutturazione dello stadio di Udine. Il convegno di ieri, che è stato organizzato dal Comune dando una forma di legittimazione al proponente evidenzia, inoltre, la stretta collaborazione tra il Direttore Generale dell’Acn e l’ente pubblico, in barba alle dichiarazioni del sindaco in risposta alle diverse interrogazioni a risposta scritta fatte dal movimento Per Siena.

L’Acn Siena ha avuto in assegnazione lo stadio per dieci anni tramite un  cosiddetto “bando pubblico”: ora ha l’obbligo di rendere agibile lo stadio in tempi brevi ma ha anche la facoltà di apportarne migliorie: si parla a questo proposito di un intervento di 50 milioni di euro.

Ma allora le domande diventano inevitabilmente molte: trattasi di  migliorie? O di un’operazione di sviluppo o di speculazione immobiliare nell’area circostante? Ma tale area è definita nel bando? E soprattutto: avendo indicato un importo, quest’ultimo è un budget di investimento o il calcolo proveniente da un già precostituito concept?

Si dice che i lavori dureranno un anno: è  già stato ipotizzato un cronoprogramma che è l’atto finale di uno studio progettuale avanzato comprensivo di business plan. O sono solo ipotesi? Ipotesi che fanno riferimento a un fumus che confonde regole, procedure e l’intero iter con il semplice consenso più o meno immediato con i risvolti politici che porta con se.

Obiezioni: c’è quindi contrarietà alla ristrutturazione dello stadio o meglio alla riqualificazione dell’area?

No, assolutamente nessuna contrarietà, ma occorre rispettare la legge e distinguere tra investitori che fanno opere a vantaggio della comunità da alcuni interessi del tutto privati in un equilibrio che va raggiunto, ma che oggi sembra molto lontano.

Può essere un’occasione da non perdere ma va rispettata la legge inerente, capirne lo spirito, conoscerne le modalità e le regole; la quale in primis parla di un concetto fondamentale: la “pubblica utilità”. E più avanti di un’altro concetto, anch’esso fondamentale: sviluppo immobiliare annesso agli impianti sportivi sì, ma nel rispetto del “delicato equilibrio tecnico-economico”. Ad oggi tutta l’area non è stata presa in considerazione dal Piano Operativo e il Bando non stabilisce i limiti dell’intervento. Questione prioritaria: la dimensione urbanistica e i carichi relativi che vanno valutati e a cui bisogna dare una risposta che non è il semplice Stadio.

Insomma la norma è caratterizzata da uno strumento legislativo di un certo rigore morale; e non potrebbe essere altrimenti quando l’Istituzione pubblica aliena seppur temporaneamente il proprio patrimonio a favore dei privati. Tuttavia l’intervento potrebbe essere una grande occasione per dotare i centri storici o le periferie (a seconda dell’ubicazione) dei servizi mancanti, per avere sviluppo occupazionale e rilancio economico. Soprattutto quando, come nel nostro caso, parliamo di un centro storico sempre più scarico di cittadini e sempre più alla mercé dei turisti, con una divisione giorno, notte impressionante. Mercificazione che la volontà della maggioranza consiliare ha intensificato con gli strumenti urbanistici che ha adottato, sarebbe necessario un approdo sistemico ai problemi, ma si capisce bene che tutto ciò non sembra interessare agli organizzatori del mini convegno sullo stadio Franchi.

Insomma: l’occasione può essere una grande opportunità, ma propedeutiche sono le garanzie dei partners, la moralità del management, la pubblica utilità, gli interessi strategici della città, la valutazione del concept, della sua correttezza economica, delle destinazioni d’uso collaterali da proporre, del valore estetico e funzionale, dell’opportunità occupazionale, della valenza sociale, della sostenibilità ambientale, dell’innovazione tecnologica. In poche parole trattasi di un project financing improprio e inusuale, insomma una macchina che deve essere ben guidata sia dal privato che dal pubblico, con un rigoroso rispetto delle regole. Argomenti che possono qualificare o rovinare una amministrazione.

Infine, ma non in ultimo per importanza, interpretando bene lo spirito normativo, sarebbe opportuno che una volta per tutte gli investimenti portassero alla stabilità economica “per sempre” del calcio senese grazie alla partecipazione diretta o indiretta agli asset produttivi… la legge alla fine è fatta per lo sport!

Pensando ai contenuti del piccolo convegno (e ai pochi presenti uditori illusi o delusi che siano stati) potremmo dire che la montagna ha per ora partorito un topolino… o forse non è così per chi l’ha concepito come una tappa di un percorso con uno spartito che si capisce essere stato già scritto.