Mattarella resta al Colle e Draghi a Palazzo Chigi, la strategia che unisce i No elezioni

L’editoriale del direttore dell’agenzia Dire, Nicola Perrone

ROMA –  Il panico unisce la stragrande maggioranza dei parlamentari, che non vogliono e faranno di tutto per evitare le elezioni anticipate. Tranne Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che i sondaggi danno in forte ascesa, che non vedono l’ora di passare all’incasso. Speranza vana, destinata a trasformarsi in grande frustrazione perché dovranno aspettare la scadenza della legislatura. Che fare? Certo sono voci che da più parti si rincorrono in Parlamento ma, messe tutte insieme, delineano uno scenario assai probabile. Il problema, grande, è che la massa parlamentare ha paura che il trasloco di Draghi al Quirinale possa determinare una rottura a livello di Governo, che non ci sia nessuno in grado poi di reggere con autorità il timone fino al 2023. Una eventualità, quella di andare a votare il prossimo anno, che forse potrebbe far piacere a vari leader, quelli che hanno bisogno di rafforzarsi e magari cambiare i gruppi parlamentari, ma non a tutti quelli che dovranno far le valigie, che di queste strategie se ne fregano. Ecco allora che sotto sotto si lavora a creare le condizioni per bloccare i due presidenti, Mattarella al Colle e Draghi a Palazzo Chigi.

Tutti dimenticano che non ci si candida al Quirinale, sono le forze politiche che o in accordo o a maggioranza poi decidono. Qui si saldano i diversi interessi che arrivano alla stessa conclusione. Soltanto ‘cristallizzando’ la situazione attuale, con la maggioranza di governo che chiede al Capo dello Stato di prolungare il mandato per poter far giungere a conclusione il Governo Draghi; a Draghi di non mettere a rischio la sua possibile futura elezione al Colle, considerati i grandi meriti che riscuoterà il suo Governo con i progetti avviati grazie ai fondi europei, con la decisione di forzare adesso la situazione che appunto potrebbe poi sfociare nel voto anticipato.

I partiti, dal loro punto di vista, avrebbero più tempo per riorganizzarsi e attrezzarsi per lo scontro elettorale nel 2023 visto e considerato che tutti, tranne Fratelli d’Italia, al momento sono in un mare di guai dal punto di vista della strategia politica da mettere in campo per acchiappare i voti dei cittadini.

Nel Centrodestra, dove visti i sondaggi e il trend, al momento sarebbe Giorgia Meloni la candidata premier, alla Lega di Salvini di riprendersi magari ‘pappandosi’ l’elettorato di Forza Italia; nel Centrosinistra, a Letta che dopo lo smacco del ‘No’ di Conte a correre nel collegio 1 di Roma, dovrà aggiornare non solo la strategia Dem del ‘campo largo’ ormai trasformatosi ‘in campo minato’, ma pure far suo, prima che siano gli altri a costringerlo, ad accettare di riformare la legge elettorale in senso proporzionale.

Solo le divisioni interne al M5S, infatti, bloccano l’asso che ha in mano il presidente dei ‘grillini’, prima forza politica in Parlamento: la proposta di legge per il proporzionale già depositata alla Camera e che messa all’ordine del giorno troverebbe non pochi sostenitori. Forse anche Matteo Salvini, perché vai a trovare la quadra sui collegi maggioritari con lui che cala e Giorgia che vuole. Al di là delle convenienze personali, ci sarebbe anche tempo per aggiornare i regolamenti parlamentari per adattarli al Parlamento ridotto da 1000 a 600 dopo il ‘taglio’; di capire che con l’attuale sistema elettorale si rischia di lasciare senza rappresentanza territori del Paese con collegi elettorali da centinaia e centinaia di migliaia di elettori. A chi deve decidere in questo difficile momento regalo il consiglio dell’amico Stanislaw Jerzy Lec: “Ritardare al momento giusto è un’arte”.

 

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