Markov “Contavamo sul sostegno degli ucraini ma i piani sono saltati”

L’intervista all’ex consigliere di Putin
di Rosalba Castelletti
MOSCA — «È un casino», dice senza mezzi termini Serghej Markov, direttore dell’Istituto di Ricerche politiche di Mosca, già deputato e uomo di fiducia di Vladimir Putin dal 2011 al 2018. La Russia contava sul fatto che i soldati ucraini si sarebbero uniti ai russi e non è successo. Tutti i piani iniziali sono stati abbandonati e modificati. E non c’è coordinamento delle nuove amministrazioni nei territori ucraini occupati.
Perché il presidente russo ha abbandonato la diplomazia e si è lanciato nell’offensiva?
«Primo: con la diplomazia non si otteneva nulla. I nazionalisti ucraini organizzavano marce in memoria di Stepan Bandera che collaborò con Hitler. Kiev approvava leggi contro la lingua russa e arrestava i filorussi. Ma l’Occidente non vedeva. Secondo: gli Usa volevano armare gli ucraini e lanciare un’offensiva nel Donbass e in Crimea per provocare un bagno di sangue e incolpare Putin».
Con quale scopo?
«Joe Biden odia Putin. Farebbe di tutto per sabotare la sua rielezione.
Meglio muoversi prima. L’offensiva era inevitabile. La decisione è stata resa nota a molti già in settembre».
A chi? Molti ai vertici sono rimasti sorpresi il 24 febbraio…
«Il Consiglio di sicurezza, i dirigenti di Servizi e Difesa. C’è differenza tra prendere una decisione e metterla in atto però. Molti capivano che sarebbe morto il vecchio mondo e nutrivano la speranza che lo avrebbero preservato prevenendo il conflitto».
Chi sperava? Serghej Lavrov?
«Lavrov è del partito della guerra, Serghej Shojgu del partito della pace.
Quello che appare in un modo all’esterno, all’interno è al contrario».
Perché si parla di “lotta al nazismo” se Volodymyr Zelensky è ebreo e i nazionalisti ucraini hanno avuto solo il 2% dei voti nel 2019?
«Oltre a chi corre alle elezioni, in Ucraina ci sono i nazisti al soldo degli Usa per seminare il terrore tramite strutture statali e non governative.
L’obiettivo degli americani era fare dell’Ucraina un’anti-Russia, ma la maggior parte degli ucraini è russofona e russofila. La propaganda non bastava. E hanno investito sui nazisti. Un presidente ebreo serve a dire che noi russi diciamo bugie».
Se la maggioranza ucraina è
filorussa come spiega la resistenza?
«Con l’operazione c’è stato un forte calo degli umori filo-russi non perché gli ucraini siano patrioti o perché i russi commettano crimini. È frutto di terrore e propaganda, come ai tempi della Germania nazista. Ma quando il nazismo cadde, gli ucraini capirono che gli Alleati li avevano liberati.
Succederà lo stesso».
Dei crimini dei russi, come a Bucha, ci sono varie testimonianze…
«L’esercito russo si è ritirato da Bucha il 30 marzo. Il sindaco non ha detto nulla dei cadaveri per giorni. È chiaro che sono stati gli ucraini a fucilare chi aveva accettato gli aiuti dei russi».
Ci sono anche le prove satellitari pubblicate dal “New York Times”…
«Chi crede al New York Times ? È un giornale bugiardo».
Ma si raccolgono anche prove diverse… Come si attua in concreto la “denazificazione”?
«Semplice. Bisogna liberare la gente dal terrore nazista. Significa che tutte le organizzazioni naziste devono essere disarmate, sciolte e vietate».
E quanto tempo ci vorrà?
«Si sperava presto, ma abbiamo sottostimato la propaganda».
Ma qual è l’obiettivo finale? Il Donbass o tutta l’Ucraina?
«Dipende da come andrà la manovra nel Donbass. I piani sono saltati. Ci si era spinti fino a Kiev perché si pensava che l’esecutivo sarebbe fuggito. Si presupponeva anche che l’esercito ucraino si sarebbe schierato con noi e non è successo».
È l’Fsb ad aver fatto previsioni errate? Due dirigenti sarebbero stati arrestati per questo…
«Le informazioni sono state raccolte da canali diversi, ma abbiamo sottostimato il grado di nazificazione dell’esercito ucraino operato dagli addestratori americani. Anche nei territori occupati è cambiata strategia. Si puntava a conservare le strutture di potere, ora si insediano nuove amministrazioni sotto bandiera russa».
Chi gestisce le nomine?
«È un casino. Se ne occupano in troppi. Il vicecapo dello staff del Cremlino Dmitrij Kozak, Difesa, Fsb, Consiglio di sicurezza, le autorità di Donetsk, Lugansk e Crimea».
Non c’è un coordinamento?
«Dovrebbe essere Kozak…».
Un Paese denazificato può restare sovrano?
«Il piano iniziale era uno Stato neutrale nella forma di una Repubblica ucraina federale associata all’Unione Russia -Bielorussia. Ora è annettere le regioni più russofone. Resterà un territorio ucraino, ma ridotto».
E che ne sarà di Zelensky?
«Potrebbe restare a capo di questo pezzetto di Ucraina filoamericana, ma credo che verrà ucciso prima».
Ucciso? Da chi?
«Da un parente delle vittime dei suoi crimini o dagli stessi nazisti di Azov».
Non temete l’impatto a lungo termine dell’intervento e delle sanzioni su vertici e popolazione?
«Golpe e rivoluzione sono solo fantasie. Quante più pressioni si esercitano sulla Russia, quanto più si incolpa la Russia dei crimini di Zelensky, tanto più si compatta il popolo russo. E chi poteva scatenare una rivolta ai vertici, come Chubais o Dkorkovich, se n’è già andato. E perdipiù viene tartassato dalle sanzioni in Occidente».
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