Manara e la vuota retorica

di Pierluigi Piccini

Pur nel rispetto delle idee e del giudizio di altri sul Palio di Manara devo prendere atto che la critica di Enrico Toti si basa su una retorica vuota. Retorica fatta di parolone e di aggettivoni figlia di un narcisismo che tanto male ha fatto alla città, dove è vero tutto e il contrario di tutto. Nel caso in specie il lavoro di Manara andrebbe analizzato concretamente sotto due aspetti: stilistici e iconografici. Componenti che quando si trovano unite insieme danno vita, alcune volte, all’opera d’arte. Sullo stile ho già rimarcato delle critiche nel mio articolo che non sto qui a ricordare. L’iconografia dell’Assunta nel lavoro di Manara manca totalmente. Qui di seguito riporto degli esempi iconografici corretti alcuni dei quali danno vita a vere e proprie opere d’arte. Nel vero senso del termine perché a Siena, altra anomalia positiva, il lavoro artistico è solo ed esclusivamente valore d’uso sociale che, anche per questo, non merita il tradimento.

 

SIENA Elegante, colto e popolare. L’unanime giudizio sul Drappellone di Milo Manara ricalca l’arte del grande artista conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Poche le voci critiche che si sono levate subito dopo la presentazione. Tra i più entusiasti, Enrico Toti, storico dell’arte e già Conservatore del complesso museale del Santa Maria della Scala che sarà protagonista da questa sera fino al 15 agosto nel salotto di 96 Ore di Palio insieme a Virginia Masoni: “Mi è piaciuto molto – ammette Toti – è un Palio che mi ha entusiasmato così come tantissimi senesi. E’ un drappellone solenne e sognante, di grande qualità pittorica. Ma del resto è lo stile di Manara, lui che è prima di tutto un pittore di enorme professionalità e conoscenza”. Ritiene che definirlo fumettista sia troppo riduttivo? “Manara non nasce casualmente come fumettista, proviene da una scuola seria, completa. Ha studiato all’Accademia di Verona, poi architettura a Venezia. Soprattutto ha attraversato tutte le fasi delle avanguardie negli anni ‘60 prima di spaziare nel mondo dell’arte”. Il Palio di Manara piace perché è di Manara o perché è davvero bello? “Personalmente ritengo questo Drappellone davvero molto interessante, compositamente molto equilibrato e cromaticamente di grande suggestione. Manara ha rispettato la Festa e si è rapportato ad essa con i valori di tutti noi. Del resto ha avuto una attrazione fatale con Siena. Conosceva già la città in modo preciso, ne aveva assaporato negli anni gli umori e la sensibilità. Ha saputo riversare nella sua opera passione, rispetto e sogno. Non avevo mai visto un grande artista emozionato come lo è stato lui prima della presentazione. Manara, in quel frangente, l’ho trovato sensibile e preoccupato al giudizio della gente e questo denota non solo la sua intelligenza, ma soprattutto quella profonda connessione con la città e le contrade che in pochissimi riescono ad avere. La mattina dopo ho incontrato Manara e l’ho trovato una persona diversa, rilassata, gratificata dall’entusiasmo che il suo Drappellone ha regalato”. Qualche critica riguarda la Madonna che non rappresenta la Vergine. Lei cosa ne pensa? “La Madonna Assunta di Guido Reni o quella di Murillo sono state fonte di ispirazione per molti pittori del drappellone. Manara si è ispirato a quella di Tiziano: trionfante e di grande spettacolarità con gli angeli che la trasportano in cielo. Al posto degli angeli Manara ha posto un bellissimo cavallo bianco, l ‘autentico interprete della passione e dei sogni di ogni contradaiolo. E’ un Palio di alta teatralità, la Madonna è carnale, moderna, viva, dalla gestualità forte. Il colore rosso in evidenza rappresenta la passione, ma tutto in un equilibrio calcolato. Mi piace parafrasare Andrea Pazienza che di Manara disse: “Milo riesce a trasformare un foglio di carta in un desiderio individuale”. Oggi Manara è riuscito a trasformare un pezzo di seta in un desiderio e in un sogno collettivo”. Cosa l’ha colpita di Manara pittore? “Nonostante la modernità della sua opera e della sua narrazione di vicende popolari, trovo che Manara non ha cercato di limitarsi, ma spaziare complessivamente nell’infinito dell’arte”. E di Manara uomo? “Ho detto la sua sensibilità, però dico anche la curiosità più profonda. Ho notato la sua sete di conoscenza quando ha visitato alcuni musei di contrada. Nell’Oca ad esempio si è soffermato molto sul Palio di Treccani e di Marte. Ha apprezzato tanto anche le opere di pittori come Aldo Piantini, Vittorio Giunti, Dino Rofi e molti degli altri autori di drappelloni del secolo scorso per la grande e raffinata artigianalità che è comunque una rilevante forma di espressione artistica. E fanno parte del nostro immaginario collettivo”.

 

Il Palio di Manara

di Pierluigi  Piccini

Immagino la tensione che prova un artista nel momento in cui il Palio viene girato e passa al giudizio del popolo. Un popolo che ha alle spalle un retaggio culturale religioso che, seppure a causa della scristianizzazione di gran parte della società contemporanea, conserva una tradizione religiosa che potrebbe essere tradita. Dalla reazione di questi si capisce se i contenuti figurativi e quelli stilistici sono piaciuti o meno.

Eppure tra i due, il pittore e il popolo, si inserisce un terzo importante attore: il committente, che nella scelta dell’esecutore del Palio dimostra anch’esso il suo essere, si palesa.

In questo caso la scelta é ricaduta su chi poteva rappresentare il volto di Maria esattamente come una parte del popolo se lo aspettava. Qui ed ora nella situazione data con una evidente dimostrazione della mancanza di cultura religiosa, che non é soltanto manifestazione di una liturgia ormai quasi dimenticata, ma é l’attestazione della conoscenza della storia dell’uomo e, nel nostro caso, della conoscenza della straordinaria e millenaria storia di Siena.

C’è in questo un tradimento soprattutto in chi, in quel volto, si riconosce durante una delle cinque feste mariane più importanti, quella dell’Assunta. Sarebbe il momento di riconsegnare il Drappellone agli artisti, non ai personaggi che fanno audience; ma il problema per chi non mastica di arte e confonde quest’ultima con il gusto soggettivo é capire questa sottile ma enorme differenza.

E sopratutto, a questo punto, saper rintracciare gli artisti veri, ormai purtroppo sempre più lontani e disinteressati a questo tipo di commissione. I troppi passi sbagliati di questi ultimi anni hanno reso sempre più provinciale e quindi non appetibile per i professionisti, dipingere il Palio.

La madonna nel Vangelo secondo Matteo, Pasolini

Sono perfettamente consapevole che queste righe saranno criticate, che non avranno il consenso di buona parte delle persone coinvolte, ma sento il dovere di dirle, di stare scomodamente da un’altra parte nella speranza che possano servire a far riflettere. Il Palio di Manara ci mostra una Madonna che, seppure postmoderna come la definisce l’autore, risulta quasi blasfema. La Madonna con le labbra socchiuse é lontana anni luce dall’immagine di Maria come é mostrata nel Vangelo di Pasolini: la più bella e calzante immagine della Madonna che la produzione figurativa abbia mai tramandato. Queste considerazioni potrebbero essere contraddette da qualcuno che conosce la produzione figurativa delle immagini mariane contemporanee non destinate al culto. Vorrei ricordare tutta la produzione di David LaChapelle, dove l’immagine della Madonna, seppur interpretata in chiave contemporanea, conserva sempre le caratteristiche iconografiche tramandateci dalla tradizione figurativa sacra per millenni.

Senza farne un problema iconografico, apprendiamo che la Madonna Assunta in cielo si è trasformata in un fantino.

Ma sopratutto, ancor più grave, é terribilmente banale. La prospettiva delle figure, Madonna e cavallo, presenta errori anatomici: la mano sinistra non può essere lì, ma rimane comunque l’unica cosa bella (una delle mani della Maestà di Simone?).

Forse, questa ed altre citazioni, fanno dire a Manara che il suo Palio è un Palio postmoderno. Quella mano evidenzia chiaramente la sua capacità nel disegno. La pittura però, forse per colpa del supporto di seta, é veramente rigida e piena di ripensamenti, senza la freschezza e l’abilità artistica che Milo Manara riesce ad offrirci egregiamente nel piccolo formato. Questa é la prova della sua grande abilità come fumettista, ma anche della sua non ancora matura capacità di esprimere le sue doti nei grandi formati.