Le verità amare conviene dirle subito piuttosto che affidarsi a lunghe e ipocrite perifrasi: il nuovo consiglio di amministrazione della Rai è di serie B. Del ventilato progetto di copiare la Bbc è rimasta solo la prima lettera. Pur con il dovuto rispetto alle singole persone che ieri sono state nominate alla guida di Viale Mazzini, leggendo e rileggendo la lista non si può che arrivare a questo giudizio.Francamente non ci pare che il nuovo consiglio si sia dotato di quei profili professionali e di quelle competenze che dovrebbero servire alla Rai in una stagione che sarà caratterizzata da profonde discontinuità tecnologiche e da rimescolamenti degli assetti di mercato. Mancano figure con esperienze aziendali/gestionali significative o che comunque ne sappiano di televisione. L’unica eccezione è Carlo Freccero, di cui si potranno condividere o meno le sortite nei talk show ma che sicuramente conosce i ferri del mestiere. Il resto è composto per lo più da giornalisti della carta stampata in una singolare rivincita romana dei nipotini di Gutenberg sul mezzo televisivo.
L a responsabilità di una scelta così sottotono è sicuramente del segretario del Pd che avrebbe potuto individuare ben altre opzioni pescando nel bacino di competenze tecniche e intellettuali che ancora gravitano attorno al suo partito e invece si è limitato ad accontentare le componenti a lui vicine. Per sé poi ha riservato una nomina iper-gigliata, quella di Guelfo Guelfi, che nel curriculum oltre la conduzione della vittoriosa campagna elettorale per il Comune di Firenze, vanta la presidenza del Teatro Puccini e, soprattutto, il ruolo di direttore creativo di Florence Multimedia (una società in house che cura la comunicazione della Provincia di Firenze). I maliziosi dicono che il premier abbia deliberatamente deciso di mandare il consiglio Rai in serie B perché gli basta un uomo solo al comando, i l prossimo direttore generale Antonio Campo Dall’Orto i cui poteri saranno ulteriormente ampliati dalla riforma in gestazione alle Camere. Colpisce in parallelo che il centrodestra abbia rinunciato a rinominare Antonio Pilati, una figura di assoluta competenza e vero ispiratore della legge Gasparri. I bene informati assicurano che i berlusconiani si sono comportati così proprio per assecondare, in una logica da «piccolo Nazareno», il disegno ribassista del premier.
Il giudizio negativo sulla composizione del consiglio non può però oscurare il fatto politicamente nuovo prodottosi ieri con la designazione di Freccero da parte dei Cinquestelle, che si ritrovano ad avere il presidente della commissione di Vigilanza (Roberto Fico) e il consigliere più titolato. Non ci sono precedenti di un simile coinvolgimento dei grillini ed è singolare che abbia come terreno di gioco la Rai, se non altro perché così rinverdiscono una tradizione della Prima Repubblica. Che all’occorrenza utilizzava Viale Mazzini come laboratorio politico. È presto per sapere che frutti produrrà l’esperimento, va comunque seguito con attenzione se non altro perché i Cinquestelle restano un elemento-chiave del paesaggio politico italiano.
Dario Di Vico
@dariodivico