Già pronto il maxi ordine Usa per i rimedi di Pfizer e Merck “Ma vanno assunti subito dopo il contagio”
di Elena Dusi
Se il 2021 è stato l’anno dei vaccini, il 2022 potrebbe aprirsi sotto il segno di un nuovo rimedio per il Covid: le pillole antivirali. Un secondo farmaco di questo tipo — paxlovid di Pfizer — ha iniziato le valutazioni presso la Food and Drug Administration negli Stati Uniti. Il primo — molnupiravir di Merck (Msd il nome dell’azienda fuori dagli Usa) — è in valutazione da ottobre sia in America che presso l’Agenzia europea per i medicinali (Ema). Dall’approvazione, attesa per la fine dell’anno, dipende la distribuzione anche nel nostro Paese. «I nuovi farmaci potrebbero arrivare nelle settimane successive a Natale. Ci siamo già attivati per prenotarli», ha detto Nicola Magrini, direttore dell’Aifa, Agenzia italiana del farmaco. La Gran Bretagna, come fece con i vaccini, ha anticipato tutti approvando molnupiravir il 4 novembre.
Merck e Pfizer intanto, che da sole hanno una capacità di produzione limitata a 10-15 milioni di dosi quest’anno, hanno ceduto le royalties per la distribuzione in 95 paesi a basso reddito. Questo, oltre a rendere il prezzo accessibile, permetterà anche a fabbriche di farmaci generici di sfornare più pillole.
Le speranze di un 2022 con meno Covid saranno stavolta ben riposte? Con lo stesso colore rosa in fondo avevamo salutato l’arrivo del 2021 e dei vaccini. «Vediamo ancora contagi, ma non facciamo l’errore di pensare che i vaccini non siano stati efficaci », avverte Carlo Federico Perno, virologo del Bambin Gesù di Roma e dell’università di Tor Vergata. «La variante Delta è incredibilmente più contagiosa. Se l’anno scorso in questo periodo sfioravamo i mille morti, senza vaccini oggi saremmo a 100mila contagi e 2mila vittime».
Se i vaccini sono lo strumento per prevenire l’infezione e ridurre la quantità di virus nel mondo, gli antivirali potranno diventare la ciambella di salvataggio per chi si contagia comunque. Molnupiravir e paxlovid sono i primi farmaci per il Covid che non vanno somministrati in ospedale. Nelle sperimentazioni hanno avuto efficacia rispettivamente del 50% e dell’89%. «Per essere efficaci vanno assunti nei primi giorni dell’infezione, quando il virus si replica nell’organismo. Più tardi diventano inutili», spiega Perno. Né le pillole giocheranno un ruolo nel ridurre la quantità complessiva di virus nel mondo. «Nell’individuo la carica virale si abbatte nel giro di pochissime ore. Ma a livello di popolazione la strada giusta per contenere la pandemia è la vaccinazione. È lei che frena la circolazione globale». Alle pillole si chiede di rendere meno accidentato il percorso verso l’endemizzazione: quel momento in cui Sars-Cov2 sarà sempre in circolazione, ma smetterà di causare danni gravi alla salute. «Normalmente — spiega Perno — questo richiede decenni o secoli». Con farmaci e vaccini si cerca di prendere la scorciatoia. «Negli ultimi sei mesi non sono comparse nuove varianti. La Delta poi è più contagiosa, ma non causa sintomi più gravi. Può voler dire che il virus sta completando il percorso di adattamento all’uomo».
Una delle tesi No Vax è che non ci sarà più bisogno di immunizzarsi. «È una follia per vari motivi, non ultimo quello dei costi», fa notare Perno. Una dose di vaccino costa attorno ai 20 euro. Un ciclo di antivirale supera i 700, almeno nei paesi a reddito alto. La domanda non manca. Molti governi si sono affrettati a stipulare contratti con Merck e Pfizer. Gli Usa hanno acquistato 1,7 milioni di cicli di Merck e annunceranno a giorni l’arrivo di 10 milioni di cicli di Pfizer. Anche la Commissione Europea è in trattativa, ma vuole che l’Ema dia il suo parere su sicurezza ed efficacia, prima di annunciare un regalo di Natale che resta tra i più attesi.