Luciano Ferrara

Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli.

Luciano Ferrara (Cimitile, 1950) si avvicina alla fotografia nel 1964, collaborando con laboratori e studi fotografici di Napoli e Milano. Nel 1970 orienta la sua attività professionale in senso politico, documentando l’attività dei gruppi di movimento e organizzando mostre “volanti” nei quartieri e nelle fabbriche meridionali. Fotografo freelance, Ferrara collabora dagli anni Settanta con le più importanti testate italiane e straniere, realizzando reportage in collaborazione con storici e sociologi. Quest’approccio gli consente di ritrarre la “marginalità contemporanea” senza retorica, evitando ogni luogo comune e facendo diventare le sue immagini un pretesto, in quanto veri e propri strumenti di indagine. Le sue ricerche, che negli anni hanno avuto una visibilità espositiva e editoriale, confluendo in molte pubblicazioni, hanno dato rappresentazione a fenomeni e cambiamenti sociali: ‘femminielli’ e studenti, no-global e altri Movimenti, lavoratori e fabbriche, scenari di lotta e di guerriglia urbana e sociale sono i soggetti registrati dai suoi scatti fotografici, che privilegiano l’uomo nella sua complessità e condizione di resistenza e di scontro.

Momento fondamentale per lo sviluppo di questo percorso è l’incontro con il fotografo moldavo Joseph Koudelka, che influenzerà il lavoro di Ferrara già nel decennio successivo, in cui prosegue intensamente l’attività di reportage: del 1982 dà avvio a un’indagine fotografica sulla Legge 180 e la chiusura dei nosocomi; del 1983 sono i reportage sulla guerra in Libano e, nello stesso anno, realizza un ciclo sull’isola di Procida; del 1984 è il lavoro realizzato in Israele e nei Territori Occupati e l’avvio di un’ulteriore indagine sull’aristocrazia napoletana. Dal 1984 al 1986 Ferrara collabora con l’agenzia fotogiornalistica Contrasto e nel 1989 fonda con Serena Santoro La Nouvellepresse, la prima agenzia fotogiornalistica del meridione d’Italia. Nel 1985 la mostra antologica al Museo Pignatelli (Luciano Ferrara fotoreporter: Napoli e oltre) traccia per la prima volta le articolazioni di quindici anni di attività. Nel 1989 Ferrara intraprende un viaggio attraverso l’Europa, iniziato da Berlino; nel 1990 realizza in Romania un reportage sulla caduta del regime di Ceaușescu e l’anno successivo è ad Amman, durante la guerra del Golfo, e poi in Albania. Sempre testimone attento anche della sua città, nel 1993 realizza nel centro storico di Napoli una campagna pubblicitaria per Rocco Barocco – a cui segue quella del 2013 nel sito archeologico di Pompei – e nello stesso anno realizza fotografie per il disco Curre curre guagliò del gruppo musicale 99 Posse, a cui seguiranno successivi contributi. Nel 2008 è invitato dall’Office Départemental de la Culture de l’ORN, in Normandia, a realizzare una pubblicazione sull’archeologia industriale connessa alle miniere del ferro. Nel 2016 promuove Officina Reporter, progetto che si avvale del sostegno dell’Associazione Noos. Attualmente insegna al Biennio specialistico di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli.

A partire dal 1979 Ferrara dà avvio a un ciclo sui ‘femminielli’ dei Quartieri Spagnoli, del Rettifilo, della Sanità, delle strade e quartieri di Napoli, che viene ripreso nel 1982 dal regista Nando Balestra per il programma RAI Napoli, città immaginaria, mentre alcune immagini vengono utilizzate nel 1984 da Antenne Deux per la realizzazione del documentario Les Castrats, a cura di Carlos Allende. In questi scatti si evince un rapporto empatico e di fiducia che Ferrara riesce a stabilire con i soggetti, ritratti in pose naturali, nella loro quotidianità e intimità, anche fisica, che rivela un gioco ironico e dissacrante tra i soggetti stessi e lo sguardo che li riprende, come in Res e Bis #9, entrato insieme ad altre opere nella collezione del Madre.

Utilizzando le fotografie di Ferrara viene realizzato nel 2008 il video L’alchimia delle crisalidi di Serena Santoro e Giovanni Longo, ulteriore contributo sui femminielli napoletani di cui Ferrara coglie le trasformazioni del corpo e quelle interiori connesse al loro ambiente e alle sue trasformazioni, il conflitto identitario e l’instancabile e seducente ricerca di un equilibrio alternativo nel vissuto quotidiano della città di Napoli.

[Olga Scotto di Vettimo]