Nelle ore in cui l’onda ecologista travolgeva le grandi città francesi, poco più a Nord un’altra bandierina verde veniva piazzata in una stanza dei bottoni. Il Green Party è entrato nella coalizione di governo in Irlanda, confermando il trend di un movimento continentale che non vuole più limitarsi alla lotta, ma è determinato a sfruttare il crescente consenso per tornare a essere forza di governo. A oggi, nei Paesi dell’Ue, ci sono sei partiti Verdi con un piede nei rispettivi esecutivi. «Un record» dice Philippe Lamberts, capogruppo degli ecologisti al Parlamento Ue, che ricorda con nostalgia il periodo tra la fine degli Anni ’90 e i primi Duemila. «Lì eravamo al governo in Italia, Francia, Germania, Belgio… Ma stiamo tornando».
Il trend è nettamente in crescita in gran parte dell’Unione, soprattutto nella zona Nord-occidentale. Questa forza politica sta riemergendo come risposta ai sovranismi euroscettici, ma soprattutto come valida alternativa ai partiti dell’establishment. Era già successo alle Europee del 2019, quando i Verdi erano risultati essere la quarta forza politica con il 10% dei voti.
I risultati delle municipali francesi dimostrano che l’emergenza Covid-19 non ha messo in secondo piano la questione ambientale, fino a pochi mesi fa in cima alla lista delle priorità nell’agenda Ue. In queste settimane si parla quasi esclusivamente del Recovery Plan, il piano per la ripresa economica. Ma la nuova sfida non ha oscurato le ragioni del Green Deal. «Siamo a un bivio per l’Europa e per i suoi Stati membri – riconosce Thomas Waitz – copresidente dell’European Green Party con Evelyne Huytebroeck – e siamo convinti che i Verdi possano offrire soluzioni non solo per la ripresa, ma anche per la crisi climatica». Una sfida che ora coinvolge anche il Green Party irlandese: «C’è un forte senso di responsabilità perché dobbiamo portare il nostro Paese fuori dalla crisi economica» aggiunge il leader Eamon Ryan, neo-ministro di Dublino con delega all’azione climatica.
Scorrendo l’elenco dei Paesi con governi parzialmente verdi, però, balzano all’occhio alcune contraddizioni. Perché gli ecologisti, un movimento decisamente europeista, sono al potere in Austria, in Svezia e in Finlandia. Guarda caso tre dei Paesi più ostili al Recovery Fund. «Ma i nostri partiti sono favorevoli al piano della Commissione – mette le mani avanti Philippe Lamberts –, il problema è che, pur essendo in maggioranza, siamo ancora una forza minoritaria. Sono favorevoli i verdi austriaci, che però devono fare i conti con l’opposizione di Kurz. Lo sono i finlandesi, ma il ministero delle Finanze è in mani ai centristi. E lo sono anche gli svedesi, solo che il governo di Stoccolma è di minoranza e deve scontrarsi con un Parlamento euroscettico». Nelle istituzioni Ue i Verdi sono praticamente assenti, anche perché il gruppo al Parlamento si è tenuto fuori dalla maggioranza che sostiene von der Leyen. L’unico a tener alta la bandiera è il commissario all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, esponente del partito dei verdi e degli agricoltori lituani (un movimento non ufficialmente affiliato allo “European Green Party” perché di tradizione conservatrice). Il prossimo obiettivo è chiaro: entrare in almeno altri due-tre governi. Quello belga, oppure quello olandese, dove si vota il prossimo anno. Ma il vero colpaccio sarebbe la Germania: in vista delle elezioni del 2021, i sondaggi danno i Grüne al secondo posto con il 17%. ma. bre.