L’INCOGNITA SICILIANA PESA SUI RAPPORTI GOVERNO-PD.

 

La Nota
L’ insistenza sul fatto che il voto siciliano di domenica non avrà riflessi nazionali è sempre più martellante e sempre meno convincente. Non perché rimetta in bilico la segreteria del Pd, blindata dal congresso; o perché può creare sconquassi nel centrodestra o tra i Cinque Stelle. Ma quel test così insulare verrà letto inevitabilmente come anticipo di una tendenza generale. E dunque sarà usato non tanto per destabilizzare un partito o l’altro, ma per correggere in corsa strategie e alleanze tuttora indefinite: in primo luogo nell’arcipelago rissoso della sinistra. Il timore è che eventuali tensioni si scarichino sul governo .
Alla vigilia della legge di stabilità, la preoccupazione è che un’ennesima battuta d’arresto possa accentuare lo smarcamento del Pd. Colpisce l’invito del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a «portare il Paese a elezioni ordinate nella primavera del prossimo anno». Parole scontate, ma significative dopo le tensioni delle ultime settimane su Bankitalia col vertice del suo stesso partito. Vanno affiancate a quelle di Francesco Rutelli, che nega il gelo tra Gentiloni e Renzi, « due personalità che si completano. Spero che collaborino in modo altrettanto completo».

Sono indizi di una fase che si aprirà tra una settimana; e che potrebbe far registrare o un’intesa più stretta, o un’accentuazione delle distanze. Condizionati dalla tenuta nei sondaggi del M5S, che sembra immune dai riflessi controversi delle sue giunte di Roma e Torino, i dem stanno cambiando toni. La disponibilità a cedere qualcosa alla sinistra interna e a Mdp, il gruppo nato dalla scissione, è tattica. E forse arriva troppo tardi. Ma risponde all’esigenza di arginare una diaspora riproposta dall’uscita dal Pd del presidente del Senato, Pietro Grasso.

La prospettiva di una frantumazione ulteriore dell’area di governo renderebbe più difficile la «fine ordinata della legislatura» chiesta da Gentiloni; e una ricomposizione dopo il voto politico: il mancato accordo in Lombardia su un candidato comune con Mdp alle Regionali lo conferma. Dando per probabile un insuccesso in Sicilia, il partito insiste nel declassarlo. E blinda il vertice. Ma il «dopo» segnerà una pressione crescente per piegarlo a una linea più inclusiva. Eppure, non è verosimile che Renzi accetti un cambio di strategia: anche perché gli avversari finora hanno dato l’impressione di puntare solo al suo indebolimento.

All’ombra di questo scontro, si accentua la sensazione di una partita siciliana giocata tra centrodestra e M5S. Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, si dice ancora convinto della vittoria del centrosinistra, col quale è alleato. E punta il dito contro la Lega di Matteo Salvini, accusato di «volere i voti della Sicilia per difendere gli interessi del Nord». È un attacco che risente di una ruggine antica. Ma tocca un tasto sensibile della competizione tra Carroccio e Forza Italia: a livello nazionale, però .

 

Corriere della Sera

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