I partiti verso il voto con giochi di piccolo cabotaggio.

 

Taccuino
Nella settimana appena cominciata, che si concluderà con il voto per le elezioni regionali siciliane, sarebbe opportuno sospendere l’analisi politica. Più che in qualsiasi periodo, più ancora delle volte precedenti, l’appuntamento con le urne che precedono, e possono condizionare i risultati delle politiche del prossimo marzo, spinge tutti i leader a assumere posizioni strumentali, che nulla o quasi hanno a che vedere con le loro effettive strategie. Ad esempio, il fatto che Renzi domenica nell’assemblea programmatica di Napoli abbia a sorpresa aperto al ritorno all’alleanza di centrosinistra, senza esclusioni per nessuno dei possibili partner – compresi gli scissionisti bersaniani con i quali finora ogni prova di riavvicinamento s’è rivelato fallimentare -, non rappresenta alcuna vera svolta: mira soltanto a concentrare sul candidato del centrosinistra Micari i voti dei siciliani indecisi o sdegnati per la divisione della coalizione in due tronconi, con due avversari per la presidenza della Regione. E infatti Mdp, tramite Speranza, che punta a massimizzare il risultato del candidato della sinistra radicale Fava, ha già risposto che l’apertura non gli interessa. Analogamente va letto il gioco delle parti tra Salvini e Di Maio, entrambi impegnati in Sicilia a contendersi il voto di protesta e a cercare di richiamare dall’astensione almeno una parte degli elettori che la volta scorsa, al cinquanta per cento, disertarono le urne. Così il leader della Lega, fingendo di dimenticare la rottura avvenuta soltanto la settimana scorsa sulla legge elettorale, che ha sostanzialmente seppellito i timidi tentativi di approccio sperimentati prima, spiega che se dopo le politiche il centrodestra non dovesse avere la maggioranza, lui telefonerebbe a Grillo e non a Renzi. Mentre l’aspirante premier pentastellato Di Maio, sospettando un accostamento tattico con l’obiettivo di una captatio benevolentiae nel bacino dell’elettorato dell’antipolitica, ricorda che Salvini è alleato con un centrodestra affollato di candidature impresentabili e rifiuta intese con la Lega. La questione dei candidati inquisiti presenti nelle liste di centrodestra, su cui batte e ribatte la campagna dei 5 Stelle, almeno nei sondaggi ha funzionato, accorciando di molto le distanze tra Musumeci, che partiva favorito, e Cancelleri (M5S), ormai praticamente testa a testa. Ma anche la partita per il terzo e il quarto posto tra Micari e Fava non è da trascurare per le conseguenze che potrebbe avere all’interno del Pd. In ogni caso i partiti si avviano al voto con giochi di piccolo cabotaggio. Che possano servire a risvegliare gli elettori, o a spostare i loro voti, è alquanto improbabile.
La Stampa
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