L’accordo sul contratto di governo, più o meno definitivo, c’è. E, del resto, spiega Marzio Breda, Mattarella ha chiarito che al Quirinale non ci si presenta con programmi ancora in bozze. «Rimane – scrive Massimo Franco nella sua Nota – il padre di tutti i punti interrogativi: chi sarà il presidente del Consiglio». Perché, aggiunge Pierluigi Battista, «questa idea che si può tranquillamente fare a meno dei nomi di un governo, questione spinosa da rimandare all’infinito o architettando marchingegni istituzionali che sfiorano il ridicolo, a cominciare dalla loro grottesca denominazione, è uno dei frutti del semplicismo grillino che considera le persone meri esecutori di un meccanismo impersonale e astratto». Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che si vedranno di nuovo stamattina a Roma, assicurano che saliranno al Quirinale con un nome secco e sarà quello di un «politico». «Non è molto, per individuare un identikit – scrive ancora Franco -. Potrebbe trattarsi di uno dei leader, o di una persona appena approdata in Parlamento con M5S o Lega; e magari in grado di garantire anche Silvio Berlusconi. Il fatto che arrivi col vincolo di un “contratto” sottoscritto da altri, tende a azzerare i margini di manovra. Per usare un eufemismo, è una procedura innovativa, ai limiti del dettato costituzionale. Rimane da capire se e come sarà valutata da Mattarella; e quale effetto avrà sui mercati finanziari». Che ieri, dopo la diffusione della prima bozza di contratto di governo, hanno reagito malissimo.