Monsignor Gallagher: Trump cerca di strumentalizzare il Papa, ecco perché Francesco non riceve Pompeo Il Segretario di Stato americano in visita a Roma: “Nessuno nel mondo come Pechino”. La replica: “Metta fine al suo show”
di Vincenzo Nigro
ROMA — That’s just crazy! , ma questo è pazzesco! Mike Pompeo reagisce così alla domanda che gli rivolge Carol Morello, l’inviata del Washington Post che lo segue nel suo viaggio in Europa. Il Segretario di Stato è alla Farnesina, in mini-conferenza stampa con Luigi Di Maio (due domande in tutto). Il ministro italiano è tranquillo, sereno: i problemi con il governo italiano di fatto sono stati risolti, sul 5G, sulla Cina e su tutto il resto. Per Pompeo invece c’è lo scontro durissimo con il Vaticano. Morello gli chiedeva semplicemente: «Non crede che questo scontro possa avere un effetto sugli elettori cattolici e in generale cristiani?». E il ministro di Trump risponde invece su quanto faccia l’Amministrazione Usa per difendere i diritti umani dal Partito comunista cinese, ricordando di quante chiese brucino i comunisti cinesi e di come i dipinti di Gesù vengano sostituiti dai ritratti di Mao.
Pompeo di sicuro è il miglior ministro dell’amministrazione di Donald Trump. Ma la sua prima giornata a Roma è stata vissuta sotto la nuvola nera della crisi con la Santa Sede. Tutto era iniziato una settimana fa, quando il Segretario di Stato aveva scritto un articolo su First Things , una rivista cattolica, che poi aveva rilanciato con molti tweet. Un invito netto a Papa Francesco: non firmi il rinnovo dell’accordo provvisorio con la Cina sulla nomina dei vescovi cattolici. L’accordo scade il 22 ottobre e il Vaticano ha detto che ha tutta l’intenzione di rinnovarlo.
Prima di inviare i suoi tweet, Pompeo aveva già chiesto di incontrare il Papa a Roma e la risposta era già stata negativa. «Il Papa non incontra personalmente leader politici mentre sono in campagna elettorale», avevano detto dal Vaticano, e questo ieri mattina ha confermato pubblicamente il Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin.
Parolin era stato invitato a un simposio organizzato dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede; un podio offerto a Pompeo per rilanciare il suo messaggio per difendere le libertà religiose in Cina. Messaggio vissuto come interferenza nelle scelte del Vaticano. Che porta quindi ad altre risposte dure sia del cardinale Parolin, che è il capo del governo del Vaticano, che del monsignor Paul Gallagher, ministro degli Esteri di Bergoglio.
Gallagher abbandona qualsiasi diplomazia quando i giornalisti gli chiedono se non crede che l’amministrazione Trump abbia tentato di strumentalizzare, di fare pressioni sul Papa in questi giorni finali della campagna elettorale. «Sì, e proprio questa è una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il Segretario Pompeo».
Al convegno Pompeo è intervenuto per primo: «Giovanni Paolo II fece della Chiesa il baluardo della libertà religiosa», dice il ministro di Trump. E poi: il Partito Comunista cinese ha la pretesa di essere la suprema autorità morale del suo Paese; «ma da nessuna parte al mondo la libertà di religione è così in pericolo come in Cina». Dura la replica di Pechino attraverso l’ambasciatore a Roma: “Pompeo tenta di destabilizzare i rapporti tra Italia e Cina. Condanniamo con forza tali atteggiamenti, metta fine al suo show”. Oggi questi temi il Segretario di Stato li porterà nei suoi incontri riservati con i capi del Vaticano. Mancherà la benedizione di Papa Francesco.