Le Flapper Ladies libere e belle negli anni Venti

di Sofia Gnoli
Fumano, bevono e ballano il charleston, i cui movimenti ricordano il “flapping”, lo sbattere d’ali degli uccellini al primo volo Sono le donne della prima emancipazione. Di cui dal 6 giugno
a Parma una mostra racconta moda e costume
Intanto, da giovedi, per buyer e collezionisti l’esposizione è online
Ricordano Annemarie Schwarzenbach, la poetessa e fotografa svizzera divenuta negli anni Venti l’inconsapevole punto di riferimento per tutte le amanti dello stile androgino. Somigliano a Nancy Cunard, esile ed eccentrica poetessa inglese che con i suoi versi incantò Tristan Tzara ed Ezra Pound. Emulano Joséphine Baker, flessuosa danzatrice protagonista della Revue nègre, che ha incarnato meglio il furore per il primitivismo che invase la Parigi degli Anni folli.
Linee geometriche, vita bassa, frange e lustrini costituiscono l’essenza di un’attitudine che, dal 6 giugno, verrà esplorata da The Golden Twenties. Vita e moda del decennio de Les Années Folles. Evento collaterale di Mercanteinfiera – l’appuntamento di Fiere di Parma dedicato ad antiquariato, design, collezionismo e modernariato vintage – questa mostra curata da Paolo Aquilini, direttore del Museo della Seta di Como, e da Clara Cappelletti, racconterà l’affermarsi della donna moderna nel corso degli anni Venti. «Accanto a una serie di abiti d’archivio », anticipa Aquilini, «verrà esposta una quantità di accessori, dai ventagli con le piume di struzzo a piccole borsette, da scatoline portacipria a una serie di gioielli e bijoux, fino ai rarissimi dischi di vinile a 78 giri e ai grammofoni che, complice la voga di balli come il foxtrot o il charleston, stavano vivendo la loro prima grande stagione». Una passione documentata anche da Irene Brin che nel suo Usi e costumi 1920-1940 (1944) scriveva: “Dapprincipio costosi e complicati a maneggiarsi, i grammofoni divennero rapidamente semplici ed economici. ‘Potrei vivere senza mangiare’ assicuravano le studentesse di Marbur, ‘ma non senza grammofono’”. Specchio del modello femminile uscito dalla Prima guerra mondiale fu nel 1922 Monique Lerbier, protagonista del bestseller La garçonne. Scritto da Victor Margueritte, La garçonne fu oggetto dello scandalo letterario più fragoroso dell’epoca. La storia di una spregiudicata ragazza della buona società parigina che, quando scopre che il suo fidanzato le mette le corna con un’altra donna, si vendica decidendo di prendere in mano il proprio destino, provando esperienze estreme e modificando perfino il suo aspetto attraverso pantaloni di taglio maschile e capelli cortissimi.
Come emergerà dai pezzi che costelleranno il percorso espositivo, le espressioni più originali dello stile anni Venti furono: l’accorciarsi degli orli che, nel 1926, arrivarono a coprire appena il ginocchio facendo assumere alla gamba, e quindi alla calza, un ruolo di protagonista, il taglio dei capelli alla garçonne, ma soprattutto la moda di lunghe, tintinnanti, collane. »Semplici, a sciarpa o impreziosite da nappe di seta», commenta la storica del gioiello Bianca Cappello, curatrice della sezione dedicata al gioiello «le collane “ombelicali”, come le soprannominò Gabriele D’Annunzio per sottolineare il loro legame sensuale con il corpo della donna, saranno insieme alle spille e alle fibbie il bijoux più esplorato della mostra».
Non per niente Irene Brin ricordava: “un grosso filo di perle giapponesi, un fiore apoplettico alla spalla, un fazzoletto di chiffon legato al polso, o un triangolo di seta annodato sulla giacca sportiva, costituivano i soli ornamenti ammessi dalle donne che giuravano di volersi emancipare dal cappellino”. Mentre in Italia il regime fascista vagheggiando “belle donne dalle robuste braccia” si scagliò contro la nuova donna emancipata, che ribattezzò con disprezzo “donna crisi”, nei paesi anglosassoni, l’equivalente della garçonne venne incarnato dalla Flapper. Derivato dal verbo inglese to flap, questo termine allude allo sbatter d’ali degli uccellini che imparano a volare. La Flapper in questione era una ragazza emancipata che fumava, beveva e ballava il charleston ricordando, con il suo movimento, il “flapping” degli uccellini al primo volo.
Questo stereotipo di “ragazza moderna” doveva qualcosa anche alla letteratura di Francis Scott Fitzgerald e alle interpretazioni cinematografiche di attrici come Louise Brooks o Clara Bow. Quest’ultima, con il suo comportamento sensuale e disinibito, si trasformò presto nel prototipo della Flapper. Un nuovo ideale estetico esaltato anche da Le Corbusier che nel corso di una sua conferenza (1929) disse: “la donna ci ha preceduti riformando il proprio modo di vestire. Si era trovata a un bivio: seguire la vecchia moda voleva dire rinunciare alla vita moderna, allo sport, al lavoro. Allora si è tagliata i capelli, ha accorciato maniche e gonne, e se ne va ora a testa nuda, a braccia nude, a gambe libere. In cinque minuti è vestita ed è bella”. Oggi è lo stesso.
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