I congressi Pd
I decenni seguiti alla fine della Prima Repubblica hanno fatto perdere le tracce dei partiti così come erano stati, nel bene e nel male, per quasi cinquant’anni. L’osservazione di cui sopra è difficilmente contestabile se non per un aspetto: l’uso e l’abuso delle correnti. Quello che è in realtà diverso anche in questo caso è, oggi, l’assenza di motivazioni che vadano al di là di una pura rappresentazione di logiche di potere. Le considerazioni precedenti vengono in mente in questi giorni in cui si è avviato il dibattito in preparazione dei congressi locali del Pd toscano, per il rinnovo degli organismi dirigenti cittadini e metropolitani. Per quanto riguarda Firenze città sembra che la mediazione fra le diverse componenti sia stata trovata intorno alla figura di Andrea Ceccarelli, mentre per quanto concerne la segreteria metropolitana si è aperto un fuoco incrociato fra il sindaco di Campi Emiliano Fossi e il segretario uscente Marco Recati. Detto in soldoni lo scontro sarebbe fra Base riformista, l’area che fa capo a Luca Lotti, ex braccio destro di Matteo Renzi, e una parte contraria che si ritrova in Enrico Letta. La cosa interessante è che il rappresentante numero uno del Pd fiorentino, Dario Nardella, sostiene Fossi, sinistra del partito, il quale è contro Peretola, mentre sindaco e Pd fiorentino sono fieramente a favore dello sviluppo del Vespucci. Oddio, va ricordato che Nardella e il Pd non hanno esitato a schierarsi, per convenienza, con Lorenzo Falchi nelle ultime Amministrative di Sesto.
Falchi è lo stesso esponente della sinistra fieramente contraria a Peretola che li aveva umiliati cinque anni prima e che, malgrado l’alleanza col Pd, sull’aeroporto non ha concesso niente. La cosa curiosa è che i Democratici, in una parte dell’Italia come è quella di Firenze, rischiano di non capire il significato che l’opinione pubblica potrebbe dare a dei congressi che fossero veramente tali e non degli incroci di interessi correntizi. Eppure, non dovrebbe essere difficile comprendere che il destino di quello o quell’altro esponente politico di prima o seconda linea non è determinante per attirare l’attenzione degli elettori su un congresso che dovrebbe essere cosa diversa. Quello che oggi appare indispensabile, soprattutto per chi come il Pd è in fondo l’unica formazione politica ad avere mantenuto una qualche residualità della tradizione novecentesca, è dare la sensazione che esista una classe politica che anche nella dimensione locale sia in grado di esprimere valori e insieme progetti di governo all’altezza di ciò che sta avvenendo sul piano nazionale e in Europa. Se è vero, come dicono i suoi dirigenti, che il Pd fiorentino è il più forte d’Italia, non c’è occasione migliore di dimostrarlo che un congresso in cui prevalga il confronto delle idee, da quelle generali a quelle risolutive per i problemi concreti. Per «aspera ad astra» verrebbe da consigliare, ma per ora non si vedono protagonisti in tal senso: più comodo rifugiarsi in una o in un’altra corrente. Ogni tanto, però, le correnti vanno di fuori, se non c’è un sistema di dighe efficaci: in politica di idee e di proposte convincenti.