Troppe contrapposizioni tra «i due Papi». La scintilla del caso Sarah
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO Quando rinunciò «in piena libertà» al papato, alle 11,41 dell’11 febbraio 2013, Benedetto XVI disse che «per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo» che «negli ultimi mesi», spiegò, gli era venuto a mancare. Aveva in mente il crepuscolo del pontificato di Wojtyla e voleva evitare gli capitasse lo stesso: il governo della Chiesa in mano agli uomini più vicini al Papa, sempre lucido ma fragile, che parlavano e agivano facendosi scudo del suo nome. Il sospetto non detto, in Vaticano, è che Ratzinger sia stato inseguito dalla stessa sorte come Papa emerito: il tentativo dei nostalgici di usarlo «contro» il successore per sostenere un conflitto che i diretti interessati, pur diversi, non concepiscono neppure. Tentazione speculare, peraltro, a quella dei «tifosi» bergogliani che considerano con fastidio ogni riga scritta dal Papa emerito.
È evidente che Francesco si sia irritato per lo spettacolo delle ultime settimane intorno al libro del cardinale Robert Sarah Dal profondo del nostro cuore, uscito in Francia il 15 gennaio, un testo contro ogni eccezione al celibato sacerdotale, con relative polemiche sul fatto che Benedetto XVI ne fosse o no il «coautore» e quindi sull’«ingerenza» sul Papa in carica. Il Sinodo sull’Amazzonia ha proposto in ottobre di permettere l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati, per compensare la carenza del clero. L’ultima parola spetterà a Francesco e il suo documento è atteso nei prossimi giorni.
Il problema non è tanto il contenuto del libro. Citando Paolo VI, Francesco ha ripetuto un anno fa: «Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge sul celibato». Del resto la disciplina millenaria del celibato ha già delle eccezioni: preti sposati esistono nelle chiese cattoliche orientali e lo stesso Benedetto XVI, nel 2009, accolse gli anglicani con famiglia che volevano rientrare nella Chiesa.
Il problema, piuttosto, è stata la polemica intorno al nome di Benedetto XVI e le versioni contrapposte tra le persone a lui più vicine. In Francia il libro è uscito a doppia firma. L’arcivescovo Georg Gänswein ha chiesto a Sarah di «togliere il nome di Benedetto XVI come coautore», parlando di un «malinteso». Sarah ha replicato che Benedetto XVI era d’accordo e «non c’è stato alcun malinteso».
La cosa è stata gestita male, ed era inevitabile che ad andarci di mezzo fosse anzitutto il segretario personale di Ratzinger. Fu Benedetto XVI a nominarlo prefetto della Casa pontificia e Francesco lo ha mantenuto nella carica. Ma non sempre il rapporto è stato facile. Anche perché c’è un’ambiguità irrisolta, nata proprio da una dichiarazione di Gänswein, nel maggio 2016: non ci sono due Papi, disse, ma «de facto un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo». Un mese più tardi, rispondendo ai giornalisti, fu lo stesso Francesco a mettere in chiaro: «C’è un solo Papa. Il Papa emerito è per me un nonno saggio. Mai dimenticherò il discorso ai cardinali del 28 febbraio: tra voi c’è il mio successore, prometto obbedienza. E lo ha fatto. Ho sentito che alcuni sono andati là a lamentarsi del nuovo Papa e li ha cacciati via». Eppure il gioco della contrapposizione tra «i due Papi» è continuato. Altri pasticci, altre polemiche. Nel 2017, la prefazione ad un libro di Sarah che viene presentata come una «difesa» del cardinale conservatore. Nel 2018, la richiesta a Ratzinger di scrivere una prefazione a una collana di teologia su Francesco e Benedetto XVI che declina, deplorando lo «stolto pregiudizio» che lo contrappone a Bergoglio ma notando «con sorpresa» la presenza di uno studioso che lo attaccò: una parte, questa, «oscurata» dalla comunicazione vaticana. L’anno scorso, la pubblicazione planetaria degli «appunti» di Benedetto XVI sulla pedofilia nel clero, pochi mesi dopo l’incontro mondiale sugli abusi voluto da Francesco.
Infine il libro sul celibato, la classica goccia che fa traboccare il vaso: ora, basta. Gänswein ha provato a rimediare, ma il guaio ormai era compiuto. La Santa Sede smentisce provvedimenti formali, è possibile che per Gänswein si stia pensando a un nuovo incarico, ma intanto il segnale è arrivato.