Il ritardo con cui questo nostro inserto esce ci consente, finalmente, di usare un incipit ottimista, e attenuare la depressione in cui eravamo caduti dopo la lettura del decreto governativo che non a caso avevamo rinominato «sblocca tutto».
È accaduto che nel frattempo, seppure con tanti limiti, da Bruxelles è uscito un accordo che segna una svolta nella storia europea: per la prima volta si incrina il tremendo principio ispiratore dei Trattati, il famoso «no bail out», secondo cui dai propri guai ogni pese membro deve tirarsi fuori da solo, perché nell’Unione Europea non vige il principio di solidarietà.
Al di là della cifra allocata conta il fatto che danaro comune – quello del bilancio dell’Unione – verrà utilizzato per aiutare paesi in difficoltà, e, sia pure in piccola misura, non come prestito ma a fondo perduto. Resta comunque da far fronte, qui in Italia, a un progetto di rilancio post Covid che anziché indicare con chiarezza la via della trasformazione necessaria si perde in proposte contraddittorie, senza che si possa capire quale è il criterio che abbia ispirato la selezione delle opere beneficiate dall’aiuto, così aprendo inevitabilmente la strada all’«assalto alla diligenza».
Insomma: un’ammucchiata di provvedimenti in cui troviamo qualche buona intenzione – un paio di strade provinciali e di sacrosanti collegamenti in Sicilia – e contemporaneamente un sacco di soldi per autostrade, nonostante l’Ue ci dica che i trasporti su gomma dovranno esser ridotti del 75%, e il peggio delle «grandi opere», in alcuni casi quelle che chiamerei vere provocazioni: la famosa Tav appena ridicolizzata dal sindaco di Lione e la nuova pista all’aeroporto di Firenze, l’ossessione di Matteo Renzi.
Serve per dar lavoro? Sì, per qualche mese, ma in nessun caso ad aprire nuovi settori strategici che lo garantiscano nel tempo. Quel che è certo è che bisognerebbe moltiplicare task force come quella che abbiamo creato e del cui progetto vi diamo una prima informazione in questo inserto.
Perché ci sarà molto bisogno di monitorare cosa viene fatto, criticare, protestare, possibilmente proporre: innanzitutto assoluta trasparenza sulle motivazioni che hanno ispirato l’inclusione di questa o quell’opera fra le beneficiate, un confronto pubblico sul progetto complessivo, un organismo di controllo. Non è vero che per approntare progetti adeguati ci vuole tempo e invece dobbiamo andare veloci: da anni le organizzazioni ambientaliste e gli scienziati ci hanno detto cosa bisogna fare. Non ci sono scuse.
Sono tenuta a dirvi cosa è questa task force perché sono quella che, procedendo in modo un po’ arbitrario, ha rivolto la proposta di crearla a una decina fra scienziati e professionisti di diversa specializzazione, più un imprenditore, un agricoltore, un presidente di biodistretto. Tutte persone di cui, anche se alcuni non li avevo mai incontrati, conoscevo le competenze e la sicura «fede» ambientalista. Pronti a un impegno non accademico e non occasionale, ma duraturo, capace di aiutare a tradurre la battaglia ecologica in concrete vertenze.Ci siamo dati, per poter operare come collettivo, un nome: «Natura e Lavoro», perché ci proponiamo di offrire particolare attenzione proprio ai nuovi settori di possibile occupazione coerenti con un modello sostenibile dove indirizzare chi è oggi occupato in settori produttivi destinati ad esser tagliati.
La debolezza di molte battaglie ambientaliste è stata, infatti, sempre quella di non essersi curate a sufficienza di indicare i nuovi «lavori» che la rivoluzione ecologica prevederà. Aprendo così il fianco al ricatto.
Le persone cui mi sono rivolta hanno tutte accolto con entusiasmo questo tipo d’impegno, consapevoli che, nonostante le proclamazioni, si sia ben lontani dall’aver colto la centralità della questione ecologica. Che non è «un settore» fra gli altri, ma il quadro entro cui tutto deve essere coerentemente inserito. Né consiste solo in un po’ di pannelli solari e nella chiusura delle fabbriche più inquinanti.
Questo è del resto il senso dell’«European green deal», il cui rispetto è peraltro la condizione per usufruire del consistente finanziamento messo a disposizione dalla Commissione europea (un dettaglio di cui sembra che quasi tutte le «parti sociali» non abbiano preso nota).
Grazie al Manifesto, che ha da tempo mostrato la sua sensibilità ecologica pubblicando ogni settima il supplemento «l’ExtraTerrestre» e ora ospitandoci, enunciamo le nostre prime proposte. Sappiamo bene che molti altri, individualmente o a nome della propria organizzazione ambientalista (Legambiente, Slow Food, Green Peace, WWF, il Forum Disuguaglianze e Differenze, ecc.) hanno preparato proposte analoghe alle nostre e speriamo sia possibile una collaborazione fra tutti come premessa di una adeguata mobilitazione.
Quello che vorremmo si facesse insieme è definire un «Piano per il Lavoro», per riprendere il nome e l’idea, che, in tutte altre condizioni, aveva inventato Di Vittorio all’inizio degli anni ’50. Facendoci parte attiva affinché gli organismi presenti sui diversi territori aprano concrete vertenze, controllando come verranno spesi i fondi europei e proponendo altri obiettivi.
La generale disattenzione all’ambiente, sempre evocato ma mai preso davvero sul serio, non meraviglia: sappiamo tutti che la transizione a un diverso modo di consumare e dunque di produrre è questione molto tosta, per nulla indolore come pure si illude qualche «verde liberale»: mette infatti in discussione nientemeno che il dominio del mercato.
Non siamo un movimento, né un’organizzazione, siamo solo un autonomo collettivo di lavoro. Tutti comunque a vario modo parte di quella che viene chiamata «area di sinistra» (io sono di Sinistra Italiana e il nostro referente parlamentare è Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente e ora deputata di Leu). Credo di aver scelto bene i componenti della squadra: per le loro competenze, ma anche per le loro qualità umane e politiche. Firmiamo insieme quanto scritto in questo inserto, perché insieme l’abbiamo pensato.
Entro il mese di luglio ne pubblicheremo una versione più ampia in un (primo?) instant book che verrà edito dalla Manifestolibri (prima in edizione digitale, appena possibile in carta).
A differenza degli altri compagni di avventura io non ho nessuna competenza, se non quella di esser stata nel Cn di Legambiente da quando è stata messa al mondo, nei lontani anni ’70.
Di questa task force mi assumo, assieme ad una giovane compagna di Sinistra Italiana, Barbara Auleta, la responsabilità del coordinamento e del rapporto con i territori e con le organizzazioni che vorranno lavorare con noi.