L’ASTENSIONE RIDIMENSIONA IL SUCCESSO DEL MOVIMENTO.

 

La Nota
I protagonisti Ma l’effetto Raggi non pesa troppo in negativo. Il no a Milano per l’Ema alimenta l’offensiva antieuropea di M5S e Lega
C’è un eccesso di enfasi, nel modo in cui il Movimento 5 Stelle celebra la vittoria della sua candidata a Ostia. Dire che il risultato è frutto dell’«effetto Raggi» sembra tanto un tentativo di rilegittimare una sindaca di Roma dal bilancio controverso, per usare un eufemismo. In più, il fatto che sia andato a votare appena un elettore su tre amplifica l’allarme sull’astensionismo, già emerso al primo turno e nelle elezioni di due settimane fa in Sicilia. I seggi blindati dalla polizia dopo l’aggressione a un giornalista della Rai possono spiegare solo in parte la scarsa partecipazione.
La frattura tra sistema dei partiti e opinione pubblica è più profonda e inquietante. Rivendicare un «effetto Raggi positivo», come fa il candidato premier Luigi Di Maio, è comprensibile. La sindaca ha avuto in Di Maio uno dei maggiori sostenitori. Il timore di un riflesso negativo era reale. E il Movimento guardava al voto di domenica per capire quanto le ombre capitoline potessero proiettarsi sulla sua immagine nazionale e sulla credibilità come forza di governo. Invece, l’affermazione a Ostia può essere usata come conferma di una marcia verso la vittoria dei Cinque Stelle alle Politiche del 2018.

«Siamo in grado di battere sia la cosiddetta sinistra che la cosiddetta destra», sostiene Di Maio. E «correndo da soli», senza allearsi con nessuno. In realtà, gli sconfitti accusano il Movimento di avere vinto con l’aiuto della sinistra antirenziana e degli estremisti di destra di casa Pound. Ma si tratta di polemiche destinate a durare poco. Il vero imbarazzo, e la preoccupazione sono invece legati all’astensionismo. Il M5S si riproponeva di ricucire il rapporto con gli elettori delusi.

Si ritrova invece a celebrare un successo costruito sulla base di un terzo degli aventi diritto al voto. Ostia, ma anche la Sicilia, confermano che neanche l’esercito di Beppe Grillo e di Di Maio riporta alle urne chi se n’è allontanato; e che vince nel perimetro del sistema senza riuscire a allargarlo. Poi si può anche rivendicare, come fa Giuliana Di Pillo, vittoriosa a Ostia, che «i cittadini onesti si sono ripresi il governo locale». Ma è inevitabile riconoscere che la diserzione dalle urne è un «colpo duro per tutti». Lo fa Roberta Lombardi, candidata alla presidenza del Lazio.

E si capisce. Se l’affluenza rimane bassa, può ripetersi quanto è accaduto in Sicilia, dove alla fine ha prevalso il centrodestra. Semmai, il risultato conferma che, di fronte a un M5S non scalfito dall’amministrazione del Campidoglio o di Torino, gli altri partiti non sono ancora in grado di presentarsi come alternativa. L’affanno delle forze tradizionali le rende alleate involontarie ma oggettive di Grillo. E l’esito sfavorevole della competizione sull’Agenzia del farmaco, sfuggita a Milano con un incredibile sorteggio, offrirà altri argomenti contro il governo e l’Europa: al M5S, e alla Lega.

 

Corriere della Sera.

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