L’arte discreta di saper scomparire (ma senza rinunciare al mondo).

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di Gillo Dorfles

Che la discrezione sia uno degli atteggiamenti più lodevoli nei rapporti interindividuali è cosa certa. Il fatto di colloquiare con una persona che abbia ritegno e non invada il proprio discorso con le faccende o opinioni altrui è indubbiamente una delle situazioni più gradevoli per ogni interlocutore. E tuttavia non sempre questa secretività è del tutto positiva: molto spesso la sensazione che il proprio interlocutore sia del tutto assente e privo di interesse per quanto si sta dibattendo fa sì che la mancanza di una risposta affettiva e intellettuale crei un rapporto quasi sempre «monco», sicché sarà opportuno che la discrezione non superi mai la soglia della indifferenza.
Ecco perché i rapporti individuali hanno necessità, fin dall’inizio, di una reciprocità, preferibilmente assoluta, in modo che il flusso dei pensieri e delle emozioni possa valicare l’intervallo che incorre tra due e più persone colloquianti. Occorre a questo punto segnare un confine tra la secretività della discrezione e la volontà di rivelare il proprio intimo pensiero facendone connivente il prossimo che ascolta.
Fino a che punto la discrezione è da considerare positiva? Tutto ci fa credere che la discrezione debba superare le barriere che il «buon costume» o l’educazione ci impongono. Accade molto spesso che una tradizione di «buone maniere da osservare in società», finisca per elidere quelle che sono le favorevoli e istintive manifestazioni di un interlocutore; per cui ancora una volta va fatta una distinzione netta tra le «buone maniere» e la discrezione.
Secondo il testo recentemente pubblicato L’arte di scomparire. Vivere con discrezione di Pierre Zaoui (traduzione di Alice Guareschi, il Saggiatore, pagine 144, e 11), l’aspetto su descritto di secretività sarebbe senza dubbio positivo; anzi in un certo senso necessario per permettere una buona convivenza tra gli uomini; infatti, dice l’autore: «Ci sono tanti modi indiscreti di mostrarsi discreti per paura dell’opinione pubblica, ma molto spesso questa paura della indiscrezione non fa altro che uccidere un già esistente rapporto amichevole o addirittura fraterno. È chiaro in ogni caso che molti dei pensatori moderni abbiano attinto a loro modo a un fondo di religiosità più o meno consapevole per giustificare la loro reticenza nell’instaurazione di un colloquio spontaneo».
La discrezione tuttavia non è solo un elemento positivo di chi la frequenta e la utilizza, ma può essere anche considerata come un distacco da quello che ci circonda; si finisce per essere indifferenti a tutto e quindi risulta un proprio simulacro dell’egoismo accentratore. Naturalmente, non bisogna confondere discrezione con egoismo e disinteresse per il prossimo mentre non c’è dubbio che tra i due atteggiamenti comunitari, quello vincente dovrebbe sempre essere quello dell’interesse per l’altrui e non quello del ripiegamento sulla propria personalità.
È fondamentale a questo proposito ricordare il caso di Blanchot, citato dall’autore, per essersi lo stesso occupato soprattutto del tentativo di caratterizzare alcuni aspetti dell’arte moderna come un’arte della «scomparsa». In altre parole tanto il dipingere quanto lo scrivere sarebbero spesso un modo di avere lo «sconto», la «scomparsa» dell’autore che viene a contare solo come «una appendice» dell’opera, invece di esserne in realtà il creatore, per dare una prova di come anche le attività culturali possano estraniare l’individuo dalla realtà nella quale vive.
La discrezione, afferma l’autore «è forse un modo di resistere a un mondo che avrebbe identificato la sua percezione con quella del pubblico»; la volontà di essere autori senza che questo risulti la vera ragione dell’attività creativa.
Così la discrezione nell’approccio delle altrui considerazioni è fondamentale per la conservazione di una autonomia soggettiva. Zaoui indica che: «La bellezza a bassa voce giustifica la discrezione di fronte all’attività creativa e in un certo senso, non è che una cosa sola da intendere in senso proprio, vale a dire come la bellezza della vita nella modernità».
Comunque l’arte della discrezione o «l’arte di scomparire» è alla base della nostra vita sociale, di tutta una maniera di essere e di convivere con il prossimo, in modo da essere difesi dalla interferenza del pubblico, di non aver bisogno di esibire le proprie nozioni e i propri intendimenti. Ma se l’arte della discrezione fa parte integrante della nostra vita sociale, non dobbiamo dimenticare che la indiscrezione è anche un’arma potente della nostra vitalità; è solo attraverso l’indiscrezione che molto spesso vengono manipolate le idee politiche, sociali, religiose, il che permette ad alcuni individui — per l’appunto indiscreti — di arrivare a conoscere quello che è il pensiero e l’attività del prossim o.