L’architetto Fuksas e la ‘sua’ Siena.

Celebre in tutto il mondo, adora la nostra città, e mette in guardia sui rischi.

«UNA CITTÀ d’arte dovrebbe vivere almeno 18 ore su 24, invece oggi ci si ritrova centri storici pieni di turisti il giorno e vuoti la sera. Il turismo è padrone di queste città, un turismo che in realtà porta poco e invece consuma i centri storici e i suoi servizi, mandando via i residenti, chi dovrebbe viverli». Parole dell’architetto Massimiliano Fuksas, archistar mondiale, senese di adoazione e assiduo frequentatore della città. Cosa le piace a Siena? «Piazza del Campo naturalmente: ogni volta è sempre come la prima. Ti stupisce col disegno perfetto e gli antichi palazzi stretti e alti: c’era molta prosopopea un tempo e capacità di costruire. E poi il Duomo che in realtà è appena il transetto del disegno originario. Doriana ed io attraversiamo tutta la città, a piedi, da una parte all’altra: saliamo di solito da quella via terribile, non arrivi mai in cima, Vallerozzi. Ma è un piacere, quando metti il piede in via Montanini e ti trovi davanti quella meravigliosa chiesetta – la Madonna delle Nevi –, purtroppo sempre chiusa: un eccezionale prototipo del ’400». E cosa non le piace? «Tutto quello che abbiamo costruito noi moderni. Tanto, troppo. Non capisco proprio la necessità di tutte le rotatorie e poi raccordi autostradali: in proporzione Roma ha meno infrastrutture. E poi ci sono tutte quelle ‘casacce’ e gli uffici nati intorno ai servizi». La periferia? Come le sembra l’impatto sull’ambiente? «E’ la logica del populismo del Pci, ma poi anche della Dc e a seguire del berlusconismo: bisognava dare lavoro alle imprese. Il boom edilizio è partito negli anni ’50, ma la speculazione vera è degli anni ’70: il dramma inizia nel ’68-69 con le leggi che obbligano i Comuni a dotarsi del piano regolatore e così si inizia a costruire, ovunque. E si arriva ad oggi, con i centri storici vuoti». A Siena in centro ci sono edifici storici, bellissimi, ma inutilizzati. Chi può ridargli vita? «Per gli errori fatti in passato, l’ente pubblico non può più permetterseli. L’unica soluzione è nel ridare possibilità alla gente di riabitarli o viverli». Il privato dunque? O pensa al mecenatismo? «In Italia non funziona, anche se è l’unica via di uscita: c’è bisogno di privati che ridiano quello che anche qui hanno preso abbondantemente. La Toscana è amata in tutto il mondo e dunque appetibile. Siena ad esempio era la cttà della musica, che oggi invece mi sembra diventata appuntamento stagionale. Nel palazzo delle Papesse c’era un centro culturale che faceva mostre eccezionali: che fine ha fatto? La cultura migliora le persone: sono convinto che l’amore salverà il mondo e l’arte salverà l’amore. L’uomo deve rendersi conto che la cultura è investimento, un bisogno verso cui muovere. La città per vocazione assolve a funzioni vitali: residenza, cultura e commercio. Purtroppo i centri storici stanno perdendo queste funzioni e così muoiono. A fare shopping si va nei centri commerciali e domani più nemmeno in quelli, ma su internet». Può questa terra, fortemente legata al passato, agganciare il futuro? «La ricerca medica e scientifica sono ottime a Siena. E l’Università è ad alto livello. Siena è ottima per studiare dunque, anche se non si vive di solo studio. La cultura è la base di partenza: ho visto la mostra di Lorenzetti, straordinaria. Questa città è frutto di un affascinante conflitto fra spiritualità e materialità; difficile da vivere ma quando la conosci non puoi più farne a meno». Paola Tomassoni

 

Fonte: La Nazione Siena, https://www.lanazione.it/siena