di Pierluigi Piccini
In quelli che erano semplici luoghi di ritrovo per giovanissimi (Piazza del Mercato) si sono gradatamente inseriti elementi di microcriminalità legata allo spaccio di stupefacenti, oltre a giovani senesi a cui è mancata una trasmissione di valori morali ed etici non solo dalla famiglia di provenienza, che alcune volte non hanno trovato l’inserimento nell’ambito contradaiolo o, addirittura, ne sono stati respinti.
Quello delle nuove generazioni è un problema sociale che investe tutte le componenti della nostra comunità, ed è il risultato di diversi fattori: da un lato la mancanza di politiche appropriate dall’altro la convinzione che, comunque, le Contrade e la comunità senese siano immuni da tali fenomeni. Eppure era evidente come la nostra città negli ultimi decenni avesse mutato sensibilmente la categoria valoriare della “senesità”, dando spazio a idee e riferimenti etici che, di certo, non le appartenevano. La positiva diversità antropologica e sociale è diventata, in breve tempo, una vuota rivendicazione del “noi” contro gli “altri”, i nemici, e si è tradotta nel credo di un drammatico isolamento. Il tutto accompagnato dal decadimento complessivo delle più importanti istituzioni cittadine, come dimostra una politica comunale che ha investito su un modello economico lontano dalla costruzione di una didattica culturale che potesse costruire una identità senese aperta e responsabile.
Allora che significato ha oggi la senesità?
Poi ci sono le Contrade, che proseguono nel loro costante lavoro di attenzione ed educazione dei giovani attraverso l’impegno nelle varie attività collegate. Accade spesso che la Contrada respinga “naturalmente” giovani contradaioli, quando i problemi che questi si portano dietro li rendono incompatibili con la vita sociale che la caratterizza (è il caso del padre e del ragazzo del post che gira in questi giorni). Ma le Contrade non possono e non devono svolgere il ruolo di forza d’ordine collettiva, come qualcuno auspica. E non sono nemmeno enti di rieducazione. La loro forza sta nel riprodurre, possibilmente ammodernandolo (ma in questo senso non sono tutte uguali), un modello sociale di relazioni a cui si aderisce oppure, in caso contrario, ci si allontana silenziosamente. Ma le Contrade non possono essere le uniche a lavorare sull’integrazione sociale. I soggetti preposti a questo scopo sono diversi e articolati: vanno dalla scuola alla famiglia fino ai diversi apparati culturali di cui esse stesse fanno parte.
La verità è che al di là delle Contrade, a Siena, è sostanzialmente assente una politica che voglia investire tempo e risorse per analizzare e intervenire sugli aspetti valoriali. A nulla servono in questo senso telecamere e interventi repressivi dettati dall’emergenza del momento. Né una retorica ideologizzante che si banalizza al confronto con la realtà, capace solo di esorcizzare i conflitti sociali senza comprenderli (De Mossi, Michelotti). Certo è che data la situazione attuale di conflitto tra alcuni giovani e i residenti occorre intraprendere tutte le azioni necessarie a far cessare i disordini e gli atti di violenza fisica e verbale. A questo proposito può servire un coordinamento maggiore dei Vigili Urbani (invece di impegnarli a selezionare i cantanti da strada, come disposto dall’amministrazione), con Carabinieri e la Polizia. Una organizzazione concreta che non tenga conto di sfere di influenza territoriale, ma punti all’efficacia degli interventi. Ma questa non sarà, comunque, la soluzione definitiva.