La sfida: cambiare davvero

La prossima giunta

Paolo Ceccarelli

Eugenio Giani ha vinto contro molti pronostici e anche contro molti consigli ricevuti nell’ultimo mese di campagna elettorale. Quando buona parte del Pd sia toscano sia nazionale gli ha suggerito un cambio di passo chiedendogli di essere più efficace nella comunicazione, lui ha scosso bonariamente la testa e ha fatto capire di non essere l’uomo degli annunci a effetto ma semmai della relazione faccia a faccia con l’elettore. E quando gli è stato proposto di indicare subito una vicepresidente donna e possibilmente giovane per riequilibrare la sua immagine di politico di lungo corso, con i capelli bianchi e le cravatte a volte araldicamente sorprendenti, Giani ha spiegato che la mossa sarebbe potuta sembrare una richiesta d’aiuto e che comunque la giunta si fa dopo le elezioni, cioè dopo aver contato voti delle liste e preferenze dei singoli candidati. «Non ho padrini, io devo essere il presidente dei toscani. È giusto che non mi si identifichi con una corrente o una leadership», ha detto ieri il neo-governatore. La prova del nove dell’affermazione sarà la composizione della giunta regionale, su cui è già iniziato il totonomine. Con la doppia emergenza Covid ancora in corso — sanitaria, in particolare sul fronte scuola, ed economica — la Toscana ha bisogno di una giunta velocemente e pienamente operativa. Sugli uomini e le donne che l’andranno a comporre servono scelte chiare e coraggiose.

C’è bisogno di rompere quelle che in una regione senza alternanza di governo sono diventate discutibili consuetudini. Per esempio, lo sforzo di dare rappresentanza a tutte le province toscane è comprensibile, ma non può diventare una gabbia. Né in un senso né nell’altro. Firenze con la sua area metropolitana è stata determinante per l’elezione di Giani ma non può pretendere di far diventare la Regione una specie di Palazzo Vecchio 2. Di contro, il resto della Toscana non può pensare che la sua missione sia «contenere» Firenze solo perché per la prima volta da trent’anni a questa parte c’è un governatore fiorentino. Prima della territorialità dovrebbero venire valorizzate le idee, cioè la capacità di pensare i settori di competenza di ogni assessorato nel mondo nuovo creato dal Covid e di saper proporre progetti credibili per intercettare i fondi europei. Men che mai serve il bilancino delle correnti interne al Pd. Anche qui: è normale e salutare che in un partito ci siano — se non sono fine a se stesse — aree politiche e leadership diverse, ma il confronto interno non può tenere in ostaggio un’istituzione come accaduto troppe volte in passato. Dalle urne toscane è uscito un mandato chiarissimo: a Giani e alla sua giunta l’onore e l’onere di dare risposte all’altezza. Il mondo non aspetta la Toscana: non era vero prima, quando in molti parlavano della regione come di una sorta di isola felice (una auto-referenzialità che ha fatto molti danni alla Toscana e ai toscani), tanto meno lo è ora con una pandemia in corso.

 

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