La saggia tenda di Churchill

Strategie Il premier inglese nel suo rifugio non si lasciò ossessionare dal nemico. Un esempio anche per noi

 

Di notte copriva la mappa della guerra: per vincere bisogna vivere, non sopravvivere

di Claudio Magris

A Londra, in King Charles street, c’è il Churchill Museum and Cabinet War Rooms, dove si riuniva il governo britannico durante la Seconda guerra mondiale. Stanze, scalette sotterranee — a pochi metri di profondità — sacchetti di terra che dovevano proteggere ministri, generali, funzionari, impiegati, operai, personale di servizio dalle bombe tedesche.

Misere, oggi commoventi difese dall’attacco di uno dei più terribili eserciti della Storia. Ma nelle case del Regno Unito sono entrati il lutto e il dolore, come aveva annunciato Churchill, e non la Wehrmacht hitleriana. Ci sono anche alcune stanze da letto. Sulla parete di alcune di esse c’è una grande carta geografica, dove ogni giorno venivano segnati i luoghi delle battaglie, avanzate e ritirate, vittorie e sconfitte. In una di queste stanze c’è una tenda, che si poteva chiudere in modo da coprire quella grande carta geografica sul muro.

È una stanza — non l’unica, credo — in cui talvolta dormiva Churchill, come attesta la bottiglia di whisky messa sul comodino accanto al letto. Molti anni fa, visitando il museo, ho chiesto il perché di quella tenda, visto che non c’erano finestre da cui potesse entrare la luce. L’aveva voluta Churchill, mi è stato detto. Forse, dopo aver cercato tutto il giorno di fronteggiare instancabilmente le situazioni sempre nuove e imprevedibili e risoluto a non mollare mai, per qualche ora, se era possibile, non voleva saperne più; tirava la tenda, faceva sparire al suo sguardo lo scenario di guerra mandando tutto all’inferno e si metteva a dormire, verosimilmente dopo qualche buona sorsata di whisky.

È solo così che si possono vincere le guerre, lottando strenuamente ma senza permettere di venire totalmente assorbiti da questa lotta, invasi dalla guerra non solo nel proprio Paese ma anche nella testa e nel cuore; senza permettere che il nemico occupi tutti i pensieri e i sentimenti e difendendo un piccolo ma libero spazio per i desideri, i progetti anche futili, le speranze anche puerili, i gusti più personali. Il nemico attacca pure con l’ansia e con l’ossessione. La mobilitazione generale è necessaria ma lo sono altrettanto le ore di sonno, possibilmente sognando cose più piacevoli delle battaglie.

Libertà

Disse san Luigi Gonzaga bambino: «Se sapessi di morire fra dieci minuti, continuerei a giocare»

Forse anche grazie a quella tenda l’Inghilterra non è stata piegata.

Durante la Seconda guerra mondiale ero un bambino; ricordo i bombardamenti e i miei che mi portavano più velocemente possibile al più vicino rifugio antiaereo, pateticamente inadeguato ma non inutile; ricordo la paura per mio padre per un certo periodo lontano e la sua soddisfazione presto imbarazzata perché delle quattro uova che era riuscito a comperare uno gli si era rotto in tasca; ricordo parenti sfollati da Napoli bombardata, l’occupazione nazista e quella jugoslava di Trieste. Ma ricordo che anche durante la guerra la gente giocava a carte, cercava di divertirsi, continuava a peccare, riuscendo così non solo a sopravvivere ma anche a vivere.

Pure nella guerra contro il virus è doveroso combattere osservando norme e prescrizioni, perché un esercito in libera uscita è destinato a perdere. È doveroso essere informati ma è forse dannoso o quanto meno inutile e logorante restare tutto il giorno davanti alla televisione, perché il cumulo e la ripetizione di notizie neutralizzano e ottundono queste ultime. Si resiste e si può vincere se ci si rende conto del pericolo, anche del pericolo di morire, ma senza pensare solo alla morte e alla sua verbosa enfasi. Si resiste e si può vincere se si difendono anche i propri desideri, piaceri, giochi. Che cosa faresti, chiese una volta un pio e tetro zio a san Luigi Gonzaga bambino che stava giocando nel giardino, se tu sapessi che morirai fra dieci minuti? «Continuerei a giocare», rispose il bambino.

 

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