La rinascita delle periferie intorno alla cultura.

Maratone di lettura, trekking urbani, residenze artistiche, progetti con le scuole, giornali e web radio. Il tutto attorno a uno spazio fisico che ha come filo conduttore il cibo, dotato (almeno) di cucina, dispensa e zona living. «Community Food Hub» il nome di questo luogo-fulcro secondo gli ideatori, che puntano a farne il «centro di gravità» di un ambizioso piano di rigenerazione delle periferie di Milano e della Lombardia. Alla base del progetto, che sarà lanciato il 28 settembre, la convinzione che la riqualificazione architettonica da sola non basti ma che vada accompagnata dal coinvolgimento delle comunità locali, le uniche che potranno prendersi davvero cura e mantenere in vita quanto di nuovo nascerà. Sembra un piano idealistico, invece è molto concreto. Ed esiste già. Si chiama Lacittàintorno ed è un programma di Fondazione Cariplo, che ha coinvolto numerosi partner, stabilito un calendario di attività, fissato il budget. «Siamo pronti con un grande progetto da 10 milioni di euro che punta sulle periferie per ritrovare l’identità della città, a partire da attività legate alla cultura», spiega a «la Lettura» il presidente della Fondazione, Giuseppe Guzzetti. «La cultura può tirar fuori la gente da casa dove c’è degrado e povertà economica. Ricostruire le periferie non vuol dire dedicarsi solo ai muri, significa soprattutto ricucire le relazioni. La parola d’ordine è comunità».

Ecco allora che il programma, sebbene sia interdisciplinare, fa significativamente capo al settore Arte e cultura di Fondazione Cariplo, diretto dall’architetta Cristina Chiavarino. «Abbiamo incrociato la nostra strategia — spiega — con quella del Comune di Milano, decidendo insieme quali potessero essere le zone di intervento».

Il sindaco Giuseppe Sala ha definito la questione delle periferie una sua «ossessione». Lo scorso 12 dicembre ha annunciato un piano monstre da 356 milioni in cinque anni per affrontare l’emergenza; nell’aprile 2017 Palazzo Marino ha stanziato 540 mila euro per finanziare progetti di associazioni non profit che operino nelle zone più estreme. Centocinquanta le candidature arrivate per combattere (anche) a colpi di solidarietà, animazione e coesione sociale il degrado e l’insicurezza, denunciate dai cittadini, ma pure da Papa Francesco, da architetti come Renzo Piano e Stefano Boeri, da scrittori come Gianni Biondillo.

«Per ora — dice Chiavarino — siamo partiti nei quartieri Adriano-via Padova e Corvetto-Chiaravalle, zone sperimentali che potrebbero diventare modello per le altre aree della città e della Regione». Al Comune spetta, ovviamente, il compito di risolvere l’emergenza edilizia, costruire scuole, potenziare i servizi, garantire assistenza e sicurezza, mentre Lacittàintorno cercherà di contribuire alla cosiddetta «infrastruttura soft», all’attivazione della comunità che può, a sua volta, concorrere alla riuscita di tutto il resto. «L’idea — chiarisce l’architetta — è iniziare costruendo un hub accessibile a tutti, attorno a cui la popolazione si riconosca, coinvolgendo nella progettazione e poi nella gestione ogni possibile protagonista: politici, ricercatori, scuole, imprese, società civile».

Uno degli esempi cui il gruppo di lavoro ha fatto riferimento è quanto realizzato a Toronto da Tim Jones, l’imprenditore sociale — intervistato su «la Lettura» #272 del 12 febbraio 2017 — presidente e amministratore delegato di Artscape. La sua organizzazione non profit mette in piedi «spazi per la creatività» in aree degradate o edifici dismessi, facendoli diventare punti di convergenza (hub) di artisti che vi risiedono, sedi di prove e performance, luoghi di lavoro condiviso, poli di stimolo per la popolazione locale, costantemente consultata prima e dopo la costruzione dei diversi centri.

«Nel caso italiano — spiega Chiavarino — lo spunto tematico più adatto per costruire l’ hub ci è sembrato il cibo: non pensiamo a un locale cool ma a un luogo polifunzionale con un punto ristoro che incentivi la sosta e la renda più piacevole, mentre si svolgono anche altre attività ispirate alla food policy ». Una serie di linee guida, cioè — sulle quali Fondazione Cariplo affianca il Comune di Milano già dal 2014 — che fissano tra le priorità temi come l’accesso al cibo sano per tutti, la riduzione degli sprechi, la ricerca scientifica in campo agroalimentare. Ecco allora che nell’hub, attorno alla cucina e alle sale da pranzo, ci saranno laboratori e spazi dedicati all’approvvigionamento (mercati, punti vendita per i produttori del quartiere, orti), alla formazione (corsi di cucina, conferenze, dibattiti), all’intrattenimento (la possibilità, ad esempio, di affittare alcuni spazi per pranzare e cenare). A partire anche dall’idea che via via l’hub sia in grado di autosostenersi finanziariamente.

A questo punto, va immaginata una serie di cerchi che si intersecano, dei quali il Food Hub è solo il primo e quello centrale, che verrà a sua volta circondato da attività non solo commerciali, ma anche culturali, ambientali, sportive. Iniziative necessarie a fare utili ma soprattutto a favorire lo scambio tra i cittadini e a ridisegnare la geografia della città, ipotizzando che a fruire del nuovo spettro di proposte arrivino anche abitanti di altri quartieri. «In questo momento — continua Chiavarino — stiamo individuando gli spazi fisici dove mettere in piedi i primi hub. Nel quartiere Adriano dovrebbe essere l’ex nido di Largo Bigatti 2, di circa 400 metri quadri. Abbiamo deciso infatti che i luoghi da cui partiamo siano comunali e non privati».

La forza del programma è il suo modello partecipato, fin dalla progettazione: la popolazione locale ha già iniziato a essere coinvolta, anche grazie all’aiuto di partner tra i quali Fondazione Cariplo fa da collettore. Come il mondo accademico e le scuole. «Il Dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico di Milano — spiega Chiara Bartolozzi, project leader de Lacittàintorno — ha svolto un percorso di ricerca interattiva ad Adriano e altrettanto farà a Corvetto. Altre realtà come la cooperativa sociale Spaziopensiero stanno lavorando con gli alunni delle primarie per includerli nell’ideazione di nuove soluzioni per il quartiere in cui vivono». «Lo scorso anno scolastico, ad Adriano, abbiamo coinvolto 336 allievi e 30 docenti di 14 classi tra quarte e quinte elementari», testimonia il sociologo dell’infanzia Maurizio Murino, tra i coordinatori del progetto di Spaziopensiero per Lacittàintorno . «Con plastici e Lego, mappe e cartine, i bambini hanno espresso le loro richieste, dalla scuola media che non c’è, alla biblioteca e il cinema».

Nello stesso quartiere il Politecnico ha svolto «un’analisi territoriale e sociale», dice Francesca Cognetti, docente e responsabile scientifica della consulenza dell’università alla Fondazione Cariplo. «Ci siamo chiesti — spiega — a che tipo di periferia fossimo di fronte. Abbiamo scoperto con interviste e sopralluoghi sul posto che questo territorio di confine non ha le caratteristiche tradizionali che potremmo aspettarci: non c’è edilizia pubblica ma privata, ci sono famiglie numerose, una quota rilevante di giovani, meno stranieri rispetto ad altre zone in analoga posizione, molti cantieri bloccati e luoghi rimasti indefiniti. È il posto di un sogno interrotto, dove famiglie del ceto medio hanno acquistato casa negli anni Novanta e primi Duemila ma poi sono rimaste deluse. Emblematica è proprio la scuola media mai costruita. Diversa, dunque — osserva —, ma di certo una periferia in crisi, perché ormai ci sono tante forme di crisi, di cui bisogna comunque farsi carico». Questa condizione inoltre, conclude la studiosa, ha portato finora a modelli di aggregazione in negativo, di tipo rivendicativo, da parte degli abitanti di Adriano, uniti soprattutto dal senso d’ingiustizia subita piuttosto che da energie positive.

Uno scenario di frustrazione, dunque, uno dei possibili con cui dovrà confrontarsi un programma come Lacittàintorno . Con in più, però, un’arma interessante: le attività culturali, con la loro forte valenza di collettore sociale, vengono avviate ancor prima della nascita dell’hub, così da iniziare già a stimolare la popolazione. E preparare il terreno alla nuova infrastruttura. Il calendario di proposte è molto ricco e coinvolge al momento sia Adriano-via Padova sia Corvetto-Chiaravalle, dove già dall’autunno arriveranno il jazz, spettacoli di luce e laboratori di animazione video, percorsi a piedi e in autobus, ballo, musica e letture.

Tra gli ospiti, ad esempio, già a ottobre nel quartier Adriano ci sarà Kevin van Braak, artista olandese specializzato in opere partecipative. Sarà lui ad animare l’iniziativa Civic Media Art, realizzata per Lacittàintorno dall’associazione culturale cheFare con l’Ambasciata olandese. «Il programma — spiega Bertram Niessen, presidente di cheFare — si basa sull’incontro tra l’artista e i residenti del quartiere, che insieme ripenseranno uno o più media tradizionali: si potranno ideare numeri speciali di giornali locali, cartelloni pubblicitari, una radio comunitaria in streaming, campagne sui social media».

Un altro cerchio che si interseca, per aiutare a chiudere quello della disillusione e dell’isolamento.

@al_rastelli