La procura indaga sulla maxi gara dei bus che vale 4 miliardi

I pm ipotizzano falso e turbativa d’asta per due dirigenti regionali La guardia di finanza nella sede di Autolinee Toscane
di Michele Bocci e Luca Serranò
Dopo la giustizia amministrativa, quella penale. Un’inchiesta è stata aperta dalla Procura di Firenze sull’assegnazione per il servizio di trasporto pubblico locale della Toscana, già al centro di un lungo contenzioso presso il Tar aperto dal consorzio sconfitto.
Ieri mattina, personale della guardia di Finanza si è presentato negli uffici della società aggiudicatrice dell’appalto, trasporti Autolinee Toscane spa, a Scandicci. Le operazioni sono andate avanti per tutta la giornata: i militari hanno persquisito gli uffici e acquisito atti relativi al bando di gara. Perquisiti (ma a quanto pare non indagati) anche sei manager del gruppo. Nell’atto si indicano come indagati due dirigenti regionali e i reati ipotizzati sono quelli di falso e turbativa d’asta.
Nelle cinque pagine del decreto di perquisizione firmato dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi si ricostruiscono alcuni passaggi della lunga vicenda dell’aggiudicazione della gara. Le date alle quali si fa riferimento nel documento per contestare i reati sono il 9 aprile e il 2 marzo del 2017, giorni nei quali sono avvenute l’aggiudicazione definitiva della gara e l’apertura dei plichi.
Secondo le ipotesi d’accusa dei pm il piano economico e finanziario dell’opera era sbagliato. Alcuni dei passaggi del decreto riguardano una serie di problemi già sollevati in passato sui giornali e alcuni dei quali sono finiti pure nelle carte analizzate dal Tar. Ad esempio si fa riferimento al fatto che la Regione avrebbe annunciato i vincitori prima dell’esito ufficiale della gara. Inoltre si ricorda la vicenda del professor Stefano Pozzoli, membro della commissione che ha scelto i vincitori dell’opera da 4 miliardi di euro. Si ricorda che dal 2005 al 2008 l’ordinario della facoltà di Economia di Napoli era stato sindaco revisore di Alexa, società di cui era allora presidente Bruno Lombardi, presidente Autolinee toscane.
Un altro passaggio riguarda un verbale della commissione aggiudicatrice nel quale si parla di lacune nella proposta del consorzio che poi avrebbe vinto ma che venivano definite poi ininfluenti ai fini della valutazione della gara dallo stesso organismo. Infine si sottolinea anche che l’aggiudicazione definitiva è arrivata senza attendere l’esito della decisione del consiglio di Stato, chiamato in causa dai ricorsi di Mobit, che ha perso la gara. Quando però si è espresso, l’organo amministrativo ha rigettato tutte le richieste del ricorrente condannandolo al pagamento delle spese.
La gara era stata ideata nel 2010 e bandita nel 2015, salvo poi finire al centro di un complesso contenzioso. Da una parte proprio “Autolinee Toscana” ( al 100% nelle mani del colosso francese Ratp, che già gestisce la tramvia), vincitrice dell’appalto, dall’altra “Mobit Scarl”, il raggruppamento dei gestori attuali – 14 consorzi e 26 imprese toscane, da Cap ad Ataf a Lineacapeggiato da Busitalia ferrovie. Da capogiro le cifre in ballo: 4 miliardi di euro per 11 anni ( 1 giugno 2020-31 maggio 2031). Secondo il bando, tra l’altro, 190 milioni di euro dovranno servire a rinnovare circa 2.100 mezzi e andranno installate 1.200 paline intelligenti. Autolinee aveva già annunciato 550milioni di investimenti di cui 200 per rilevare i depositi e un biglietto unico per tutta la Toscana.
Nel dicembre 2019 il Consiglio di Stato, esprimendosi su una precedente sentenza del Tar, aveva valutato in sentenza la gara come legittima anche laddove aggiudicava un unico lotto regionale – anziché come in passato spacchettato per aree geografiche e di servizio – a un solo gestore per tutta la Toscana. Un altro ricorso al Tar, promosso da Mobit, che sosteneva come il Piano economico finanziario presentato da Autolinee toscane a sostegno della propria offerta, avrebbe dovuto essere escluso dalla Regione perché la società, indicando il leasing quale strumento per acquisire la disponibilità dei bus nuovi, avrebbe dovuto inserire i relativi costi tra gli oneri per investimento. Il Tar ha respinto, riconoscendo la totale legittimità di quanto fatto dall’amministrazione. Secondo questa impostazione il piano economico finanziario di Autolinee toscane rispettava le linee guida della gara, che ammettevano ogni tipo di leasing e che stabilivano che i relativi costi avrebbero dovuto essere indicati tra i costi operativi nel piano economico.
Le indagini, assegnate al pm Luca Turco, sarebbero partite da un esposto presentato dal presidente di Cap, azienda che fa parte del consorzio Mobit. Del resto in questi anni si è giocata una durissima battaglia legale attorno alla gara miliardaria, con ricorsi e tentativi continui di ribaltare l’esito.
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