Dario strappa con Matteo “Resto nel Pd, lavoro per Firenze”

Dopo il ritiro di Minniti dalla corsa per la segreteria crescono i rumors sui piani dell’ex premier: il sindaco stavolta non sarà dalla sua parte
ERNESTO FERRARA
Renzi se ne va?«Io resto nel Pd».
Minniti non si candida?«Mi dispiace, un’occasione persa. Ma pace. Il mio partito d’ora in poi si chiama Firenze». Nemmeno nel peggiore dei suoi incubi Dario Nardella aveva immaginato che potesse finire così. A 5 mesi dal voto con l’amico Matteo intorno a cui crescono i sospetti per un’uscita in solitaria dal Pd e l’ex ministro per cui lui si era fatto in quattro che rinuncia a candidarsi a segretario. Non bastava la Lega arrembante, non bastavano i problemi della città, non bastavano il governo gialloverde, la Tav bloccata e l’aeroporto appeso a un filo. Di colpo è come se per il sindaco uscente fosse lo stesso terreno di casa a franare sotto i piedi. Per questo, forse per la prima volta in maniera così palese, tra Nardella e Renzi è uno strappo inedito a consumarsi. I due si sono anche sentiti in queste ore di tensione. «Di scissioni ne abbiamo viste già abbastanza, non è all’ordine del giorno e non ci sto lavorando io a qualcosa di diverso» ha spiegato ieri a tarda sera Renzi, smorzando la tensione solo in parte. Del resto il monito di Nardella era stato chiaro in mattinata e chiaro è rimasto fino a sera: «Di fronte ai problemi non si fanno nuovi partiti, se no si arriva alla scissione dell’atomo». La nuova era di Nardella è comunque già iniziata: senza reti, senza schemi rassicuranti. Non fuori dal Pd, anche se Renzi dovesse andarsene. Sempre più un thriller. «Dobbiamo mantenere la rotta. La nostra modalità deve essere una sola: Firenze. Tranquilli, lavorare lontani dalle polemiche», provava a esorcizzare la paura il sindaco ieri coi suoi assessori in giunta. Ma è lo scenario a esser divenuto imprevedibile come mai. Quella di Dario d’improvviso da navigazione accidentata s’è trasformata in rotta verso l’ignoto: con che Pd avrà a che fare alle prossime elezioni? Un Pd a guida Zingaretti interlocutore attivo e non più stampella sicura? Come impostare la difesa del fortino dal salvinismo con la “Ditta” in disgregazione e motivazioni a picco? E il fattore Renzi come condizionerà Dario? L’ex segretario non sembra preoccuparsi: «Il 13 sarò a Firenze al teatro del Sale: presento il mio documentario» annuncia ieri.
Nardella ha per la testa temi meno frivoli: «Io penso che tutte le scissioni siano sempre negative.
Dico no ad un nuovo partito. Del resto la storia ci insegna che le scissioni producono risultati negativi». È l’orizzonte incerto ad agitare i sonni di Nardella.
«Paradossalmente se Matteo avesse chiarito definitivamente che se ne va per fare un nuovo soggetto forse sarebbe pure meglio», arriva a ragionare qualcuno ieri in Palazzo Vecchio.
E invece Renzi del futuro lontano non parla: dice solo che per ora non lavora a una scissione. Sia come sia, Nardella sa anche di non poter dividere la sua strada in maniera troppo netta dall’ex premier: «È comunque da Matteo che passano ancora tanti rapporti e tanti consensi in città», annota qualcuno in Comune. «Il mio partito si chiama Firenze: sono impegnato nel Pd a livello locale perché sia unito, forte, possa crescere; non rinnego le mie amicizie come qualche volta qualcuno fa, e non mi accodo ai vincitori. Pancia a terra su Firenze» insiste Dario, molto contrariato anche con Minniti, che ha provato invano a convincere a restare in pista. A questo punto la strategia del civismo da affiancare al brand in crisi del Pd si rafforza nella mente del sindaco. Sarà quasi più sulle liste “gregarie” che scommetterà. Obiettivo volti nuovi: Nardella ha proposto a Vittorio Sgarbi di correre in una lista “Rinascimento” ma il critico d’arte non ha ancora sciolto la riserva: «Qui la sinistra rischia, Renzi ha fatto troppi errori».
Fonte: La Repubblica Firenze, https://firenze.repubblica.it/