LA PRESCRIZIONE È UN FALSO PROBLEMA

 

 

Il tema della prescrizione assomiglia molto ad una battaglia ideologica come se sul processo penale e sui diritti dei cittadini si potessero fare delle guerre per “bande”.

Ritengo che non ci sia cosa più sbagliata di questa.

La prescrizione prevista nel nostro ordinamento (come in altri in modo differente) risponde ad un principio di civiltà: questo è un elemento ineliminabile.

Il cittadino non può essere giudicato e condannato oltre un certo termine fissato preventivamente e che è presidio di tutela del singolo e della collettività.

La ragione di fondo è che la lontananza tra il fatto ed il giudizio porterebbe ad applicare una pena ad un soggetto “umanamente” diverso da quello che ha commesso il reato ( lo affermava già Cesare Beccaria).

Tale principio va visto in corrispondenza con quanto previsto all’art.111 Cost. in tema di tempo ragionevole di durata del processo e con il principio di non colpevolezza dell’imputato sino alla sentenza passata in giudicato (art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana).

Quindi, il principio base e fondamentale è che non vi può essere un giudizio di responsabilità oltre un certo limite di tempo dal fatto-reato; ma si devono fare altre ed ulteriori considerazioni.

Se è vero che tale principio è un caposaldo di civiltà, altresì, è vero che se il processo penale per molti motivi è lento (o lentissimo), tale soluzione di definizione dei procedimenti e dei processi diventa, inevitabilmente, una via d’uscita per soggetti colpevoli ed un danno per imputati innocenti che non si vedono assolti .

Questo – che se ne dica – nella pratica è un dato di fatto e la responsabilità non è mai dei legali poiché in caso di rinvio chiesto dalla difesa o dall’imputato, anche oggi, vi è la sospensione dei termini di prescrizione.

Sottoporre il processo penale ad uno “stop” della prescrizione, oltre ad essere incostituzionale, è illogico e pericoloso per diversi motivi.

La prescrizione è un termometro che ormai da decenni ci sta avvertendo che il nostro Paese non riesce più a rispondere alla necessità di giustizia penale che la collettività richiede.

Allora poniamoci una domanda diversa: perché ciò accade?

Sicuramente occorre aumentare il numero dei magistrati togati e dei cancellieri negli organici dei nostri tribunali (ed andare verso una loro specializzazione e reale formazione continua); occorre informatizzare il più possibile il sistema andando anche ad incidere sui tempi di catalogazione, archiviazione e quanto altro, dei diversi fascicoli (dalla apertura alla definizione).

Forse è il caso che l’avvocatura non si metta a gridare allo scandalo se alcune attività di tipo meramente formale (tipo udienze camerali) siano svolte attraverso il sistema telematico di scambio di memorie.

Forse, è il caso che l’avvocatura non si metta gridare allo scandalo se si ponesse mano al sistema delle notifiche che è ottocentesco e che rende impossibile certe volte raggiungere l’interessato per informarlo del suo processo.

Basterebbe invertire l’onere, ovvero, una volta che il cittadino è informato di un procedimento e di un processo (all’inizio delle due fasi) deve farsi carico di conoscere lui l’iter (anche i questo caso si potrebbe dotare di mail pec gratuite tutti i cittadini utilizzando il codice fiscale mentre per gli altri, non rintracciabili altrimenti, elezione di domicilio presso il difensore sempre).

Siamo o non siamo un popolo informatizzato ed evoluto?

Vogliamo utilizzare la scienza per ragioni concrete ed utili?

Allora iniziamo a farlo.

Lo Stato non può mandare in malora tutto il lavoro fatto (da polizia giudiziaria, pubblici ministeri e difensori) per notifiche andate perse ogni volta; è inaccettabile ed ingiusto.

Si assiste in via quotidiana a questo sperpero di tempo e soldi pubblici davanti a tutti i giudici di ogni stato e grado.

I Pubblici Ministeri devono portare a giudizio fascicoli con prove evidenti e complete al fine di evitare quanto accade in via quotidiana nella aule di giustizia, ovvero che l’istruttoria si debba fare in dibattimento.

Se i fascicoli delle indagini (che è il momento nel quale al 60% i processi si prescrivono come indica il PG della Suprema Corte nel 2019) fossero completi in tema di prova non vi è dubbio che la difesa si avvarrebbe dei riti speciali.

Il limitato accesso ai riti speciali è uno, ma non il solo, motivo del fallimento del processo penale (Pisapia-Vassalli) entrato in vigore il 24.10.1989.

Lo sforzo, inoltre, lo deve fare anche la politica che gioca un ruolo decisivo in questo scenario.

Occorre che il legislatore metta mano ai reati, ma non per innalzare la pena edittale a mo di spot elettorale, ma con l’intento di fare funzionare veramente la “macchina della giustizia” eliminando quei reati che sono ormai solo di intralcio alla gestione ordinaria e che possono trovare risposte sanzionatorie nell’ordinamento di diverso tipo (si veda sanzioni amministrative).

Lo affermo in modo chiaro: occorre si metta mani ad una depenalizzazione nel merito ovvero occorre depenalizzare tutti quei reati che non tutelano più beni che la collettività ritiene degni della tutela medesima.

Occorre arrivare ad un “Diritto Penale Minimo” ovvero ad un diritto penale che contempla reati per i quali la collettività ritiene degna la tutela penale.

Vi sono altre forme sanzionatorie e per determinati comportamenti esse appaiono molto più adeguate.

Ogni soggetto coinvolto nel possibile ed auspicabile miglioramento della “macchina giustizia” deve fare la propria parte e così prendersi: oneri e onori.

Il processo penale deve essere messo in grado di funzionare e di lavorare a pieno regime sui reati gravi e gravissimi che affliggono la collettività.

In tal modo, la prescrizione potrebbe restare tranquillamente quella della riforma Orlando, poiché pochi processi cadrebbero sotto la sua “infausta” mannaia.

In tal modo daremmo un processo celere e giusto e consentiremmo alle persone offese dal reato ed all’imputato di vedere giungere a termine il processo con una sentenza definitiva: sia essa di condanna o di assoluzione.

Mi auguro che il senso dello Stato e il senso della Giustizia non sia smarrito in questo Paese e per questo auguro a tutti di rivedere le proprie posizioni nell’interesse della collettività e dei cittadini.

Avv. Massimo Rossi

Penalista