La paura mangia l’anima

 

di Pierluigi Piccini

 

“La paura mangia l’anima” è un film di Rainer Werner Fassbinder di alcuni anni fa che mi è tornato in mente, non tanto per la trama quanto per il titolo. La paura ci sta mangiando l’anima in questo periodo di grande incertezza, dove la Ragione, senza che ce ne fosse stato bisogno, ci ha di nuovo abbandonato. Non facciamo altro che ascoltare messaggi, in un mondo totalmente asservito alla comunicazione, anch’essa frutto dell’isolamento a cui siamo sottoposti. Comunicazione che oscilla fra il “volemose bene” e i bollettini di guerra. E la risposta più immediata a cui assistiamo è la dimensione simbolica: tutto diventa simbolo. Così come avveniva in un certo periodo della nostra storia occidentale: il segno e lo scientismo. Fra la paura e il simbolo la realtà sparisce, e con essa la dimensione effettiva dei fenomeni sociali ad essa collegati. Nel frattempo, ancora una volta, la politica ha ceduto il suo debolissimo primato a qualcuno o qualcosa: la finanza e, nella contingenza di questo momento, la “scienza”. Tutta questa incertezza ingenera ansia nei cittadini che sono costretti a difendersi dall’immateriale, dal non tangibile, dalla paura del virus appunto. E allora si affacciano alle finestre, ai balconi, ricorrono al rito come astratto segno di riconoscimento. Ma il reale è lì pronto a vendicarsi, e aspetta il momento giusto: il ritorno alla normalità. Normalità che non sarà più come prima, perché a prendere il posto del simbolico sarà una dura necessità. Si dovranno, ad esempio, fare i conti con una organizzazione sanitaria che ha evidenziato gli errori commessi negli ultimi anni, a danno degli stessi operatori, chiamati ad atti di eroismo, quando non ci sarebbe bisogno di esaltare gli eroi se i sistemi funzionassero. Ci si accorgerà, inoltre, che il reale ha trasformato il principio di sovranità, punendo ulteriormente la partecipazione democratica; che il sistema scolastico nella sua totalità ha dimostrato di avere considerevoli problemi da risolvere e con esso avrà evidenziato un Paese molto indietro nell’innovazione; che le zone forti economicamente saranno ancora di più, drammaticamente, distaccate da quelle deboli. Il Coronavirus ha, fra le tante cose negative, anche quella di aver sottoposto le realtà ad un enorme stress-test. Solo allora scopriremo, fuori dalla retorica, chi ha le proposte e le conoscenze/competenze per rilanciare il Paese e con esso una realtà come la nostra, messa a dura prova.