La necessità della Fondazione per il turismo

comunicato stampa del movimento PER SIENA

La necessità della Fondazione per cultura e turismo

 

L’avevamo già proposta una fondazione pubblico-privata per la cultura e il turismo, e presentata al Consiglio comunale. Ora, con la pandemia in atto e mentre si invocano “cabine di regia”, il tema torna di grande attualità. E quella che poteva sembrare, vista con occhio superficiale, una proposta superflua, diventa risolutiva. Serve un gruppo operativo qualificato formato da soggetti pubblici e privati che faccia sintesi delle esigenze dei singoli settori, sviluppando progetti sensati, disegnando un futuro su nuovi paradigmi. Imprenditoria, Università, enti locali, associazioni: tutti devono andare in un’unica direzione superando l’isolamento di alcuni Comuni, la frammentazione eccessiva degli ambiti turistici. Serve una visione d’insieme perché un territorio relativamente limitato (una porzione di una regione) non può permettersi il lusso di crearsi una concorrenza interna, di costruire una programmazione culturale e un’offerta turistica contraddittoria. Serviranno anche strumenti di comunicazione adeguati, storie, contenuti diversi da quelli destinati al mero consumo. Una Fondazione che sviluppi le utili sinergie diventa una struttura fondamentale. Non a caso esistevano le Apt prima regionali e poi provinciali, per tentare di fare un minimo di massa critica nella promozione. Una fondazione, anzi due, sono già state realizzate ad Arezzo separando cultura e turismo che, invece dovrebbero andare insieme per efficacia e coerenza dell’operazione. In quel caso Comuni e soggetti privati hanno facoltà di inserirsi nelle strutture, con una volontaria adesione. Gli strumenti appena accennati  hanno logico sbocco un distretto culturale evoluto, ovvero la rete che è sempre mancata tra i vari settori. Si può iniziare da imprenditori, ristoratori e albergatori illuminati, musei, enti, soggetti con i quali costruire esperienze sul territorio e definire eventi, seguendo le linee di uno sviluppo sostenibile. La vera sfida è gestire nuove condizioni affermando nuovi paradigmi, invece sembra esserci molta fretta non di fare, prima possibile, esattamente come prima. Eppure il modello precedente aveva dimostrato evidenti limiti: era giocato solo sui numeri, ma anche sulla superficialità e sul rapido consumo, con poca ricchezza restituita al territorio. Ora si tratta giocare in positivo con piccoli numeri, esaltando la qualità, facendo selezione della domanda con una offerta raffinata, aumentando la permanenza media, stimolando l’aspetto umano ed esperienze autentiche (non più i noti artifici alla Disneyland). Risultati attesi: più qualità della vita, minore congestionamento dei centri storici, maggiore ricchezza distribuita sul territorio. Per fare un esempio concreto non si tratta di vietare i souvenir cinesi per far aumentare la qualità degli acquisti; al contrario, è una offerta diversa che selezione la domanda, che porta quegli ospiti interessati all’artigianato di qualità o alle opere d’arte, quindi a modificare l’offerta dei negozianti. La differenza non sta nei numeri, ma nella selezione che riusciamo a fare nel mercato, attraverso idee, contenuti, strategie adeguati.